Sabato 20 Aprile 2024

Draghi vuole le riforme a ogni costo Salvini: "La Ue si attacchi al tram"

Letta attacca il leader leghista: ha passato il segno. Gentiloni non esclude l’aumento delle tasse sulla casa

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di Antonella Coppari

Draghi fa sul serio: chi l’ha incontrato ieri, come i centristi, conferma che il premier è più che mai deciso a procedere come un bulldozer. "O si trova entro la settimana un accordo sulle concessioni balneari, oppure il governo metterà la fiducia sul testo base del ddl concorrenza". Vuol dire cancellare tutte le modifiche sin qui concordate con la maggioranza: l’ultima proposta di Palazzo Chigi prevede gare per le concessioni dal primo gennaio 2024 e indennizzi stabiliti da un perito. Significativo che a recapitare il messaggio siano Toti, Quagliariello, Romani e Marin, ovvero draghiani doc che hanno varcato la soglia di Palazzo Chigi per ’battezzare’ la nascita al Senato del gruppo Italia al centro. Del resto, la determinazione del premier è dimostrata dalla lettera inviata nel week-end alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e questo pomeriggio la conferenza dei capigruppo dovrà decidere sulla calendarizzazione della concorrenza: non era mai successo che una Camera dovesse scrivere la propria agenda, messa con le spalle al muro in questo modo dal governo.

La forzatura semina irritazione ovunque, ma è nella destra che le sirene dall’allarme risuonano a distesa, e non solo per il pugno di ferro del premier. Da Bruxelles arrivano parole nette: la sospensione del patto di stabilità sarà prorogata per tutto il 2023 e questa è una buona notizia, ma è anche l’unica. I commissari, Dombrovski e Gentiloni, avvertono che non significa un liberi tutti, che i controlli saranno esercitati proprio attraverso il Pnrr, e Gentiloni sferra un colpo durissimo al cavallo di battaglia della destra: la casa. "I valori catastali che servono come base per il calcolo dell’imposta sugli immobili sono in gran parte superati. L’Unione non vuole massacrare nessuno, ma chiedere l’allineamento dei valori catastali a quelli di mercato".

È benzina sul fuoco. La Lega, come del resto Fd’I, lo vede come un’intromissione dell’Unione nelle scelte del nostro paese, e come un invito ad aumentare le imposte: "Si attacchino al tram, non ci pensiamo nemmeno". La partita sul catasto differisce dalle altre: non si tratta di una riforma inclusa nel pacchetto Pnrr; nonostante l’esortazione drastica della Commissione, c’è qualche spiraglio per trattare. Il problema è che in ballo non c’è questa o quella riforma: è l’intero orizzonte delineato dalla Commissione (dal taglio della spesa già nel 2023 all’accelerazione del rientro del debito) che lascia alla destra, ma soprattutto a Salvini, scarsi margini di manovra. Palazzo Chigi è consapevole dei ritardi nell’attuazione del Piano, e non sottovaluta le insidie: "Il Pnrr non è solo investimenti – scandisce il sottosegretario alla Presidenza, Roberto Garofoli – prevede una grande tensione riformistica, con un enorme ruolo del Parlamento. Bisogna evitare passi falsi, battute d’arresto, momenti di distrazione".

Per questo Draghi è deciso ad andare avanti anche rischiando uno scontro frontale e mettendo nel conto l’eventualità di una crisi di governo. Rischio che viene citato esplicitamente da Enrico Letta: "Per quanto mi riguarda l’opposizione che Salvini sta facendo al governo ha superato il limite. Questa vicenda va chiarita". A stretto giro la replica del leader leghista: "Se l’esecutivo traballa è per i capricci del Pd sullo Ius Soli e il ddl Zan del M5s sui termovalorizzatori". Quindi rilancia: "Noi difendiamo la casa e i risparmi degli italiani. Letta e il Pd vivono su Marte: se portano in aula la legge elettorale proporzionale viene fuori il casino". Il segretario democratico insiste: "Salvini deve chiarire se vuole stare al governo". E il Capitano replica: "Ma come osa? C’è la festa del Milan in corso e io sono qua a parlare dei porti, di diga e di Gronda".

Sin qui non si va oltre la schermaglia propagandistica, inevitabile con le elezioni amministrative alle porte. Ma se il capo della Lega dovesse decidere di tradurre in concreto i ruggiti da comizio anche solo rallentando la marcia delle riforme, dopo il monito europeo Draghi – peraltro già deciso ad accorciare i tempi con le cattive – non esiterà a mettere sul tavolo la fine del governo e della legislatura.