Sabato 20 Aprile 2024

Draghi rompe l’assedio dei partiti "Si governa solo con le riforme"

Il premier cita Ugo La Malfa e mette in guardia dal rischio palude. Sulla legge di Bilancio concede poco

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di Antonella Coppari

Draghi è palesemente indispettito. Forse anche irritato. Tre settimane di estenuanti mediazioni con i partiti sulla legge di bilancio fanno balenare lo spettro di una tipica palude nella quale anche muovere il più piccolo passo diventa faticoso, figurarsi quelli da gigante che, per l’ex presidente della Bce, sono indispensabili per salvare il Paese.

Il premier coglie così l’occasione offerta dalla presentazione a Montecitorio del portale dedicato a Ugo La Malfa per prendere a prestito alcune sue citazioni, ed osservare che "al non-governo va contrapposto il coraggio delle riforme economiche e sociali. Un’azione paziente ma decisa, che eviti gli sterili drammi degli scontri ideologici, per dare all’Italia una prospettiva di sviluppo, coesione, convergenza".

Con ogni evidenza la minaccia di non-governo che lo preoccupa riguarda il presente e non il passato, i partiti con cui deve vedersela lui, non quelli dei tempi di La Malfa. Sono le pressioni dell’ultimo periodo a spiegare l’insofferenza di Draghi, la scelta di agire d’ autorità pur di non restare imprigionato nel pantano: "Non-governo è una definizione fulminante, per sottolineare l’incapacità di affrontare i problemi, di dare continuità alla modernizzazione del Paese". Indicativo il blitz con cui ha imposto la stretta contro le frodi del Superbonus per l’edilizia. Già molto scontenti per la revisione del Reddito di cittadinanza, i 5 Stelle insistevano per alzare il tetto ma Draghi si è impuntato, troncando la discussione con una piccola lezione: "Negli anni ’70 si fece un grande stanziamento di risorse per il Biafra, ma gran parte di quelle risorse furono inghiottite dalla corruzione, nostra e loro, e quindi per i successivi 30 anni parlare di aiuti allo sviluppo divenne quasi un anatema. BIsogna preservare la fiducia collettiva". Insomma, la spesa pubblica va sottoposta per buon senso, diligenza e per ciò che ci insegna l’esperienza a controlli più stringenti. Discorso che va oltre il giro di vite sul bonus per investire qualsiasi richiesta "esagerata" su manovra e dintorni. Dove c’è Salvini che – seccato per non essere stato invitato alla cabina di regia sul Reddito di cittadinanza ("Un errore degli uffici", dicono a Palazzo Chigi) – rilancia: "Proporrò taglio delle tasse e flat tax". E Letta avverte: "Il governo presenti il testo sulle delocalizzazioni".

Lentamente i nodi impliciti in un governo molto anomalo iniziano a emergere – come dimostra la sconfitta (indolore) dell’esecutivo su due ordini del giorno al decreto proroghe di Fd’I votati da Lega, FI e Iv – e non è escluso che il processo sia destinato ad accelerare. Del resto, la luna di miele in una squadra che somma politici di provenienza opposta e tecnici non può durare per sempre. Draghi si trova così di fronte a una scelta difficile: nel Palazzo tutti danno per scontato che alla presidenza della Repubblica ci tenga davvero, ne avrebbe anche parlato esplicitamente con alcuni leader e non tutti della maggioranza. Una certa impazienza per le continue mediazioni richieste dai partiti sembra palese e tuttavia SuperMario è consapevole che quelle tensioni non potrebbero essere gestite da nessun altro. Il suo ingresso al Quirinale insomma potrebbe coincidere con un disastro per l’Italia. Impossibile oggi prevedere se e come l’inquilino di Palazzo Chigi proverà a uscire dal vicolo cieco: l’ipotesi di dimissioni a gennaio – temuta da qualcuno – sembra fantapolitica, perché significherebbe mettere a rischio i fondi del Pnrr. La sola opzione possibile continua ad essere quella "proroga" della presidenza Mattarella, che permetterebbe di quadrare il cerchio. Ma nonostante si moltiplichino le voci su una sua possibile disponibilità, l’attuale capo dello Stato al momento è ancora deciso a restare tale solo fino a febbraio.