Draghi mette in gioco l’Italia "Pronti a fare da garanti sul campo"

Il premier alla stampa estera: "Russia e Ucraina hanno chiesto un impegno del nostro Paese"

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di Alessandro Farruggia

Il bastone e la carota. Le sanzioni e gli aiuti militari assieme alla disponibilità a negoziare e a fare da garanti e facilitatori della pace. Le due cose, sanzioni e aiuti militari, dice Mario Draghi alla stampa estera il giorno dopo aver sentito Vladimir Putin, vanno di pari passo e sembrano produrre un effetto positivo. L’Ucraina ha resistito all’invasione, le trattative iniziano a ingranare e ci sono piccoli progressi. Ma i tempi, avverte, non sono ancora maturi per la pace, per la quale il nostro Paese è pronto a svolgere un ruolo. "L’aspetto positivo – sottolinea Draghi – è che l’Italia è richiesta come garante dall’Ucraina e dalla Russia". E come tale intende operare a ogni livello.

Parla chiaro il premier: "Dobbiamo attenerci ai fatti – e i fatti sono che le sanzioni funzionano, alla pace si arriva se l’Ucraina si difende, altrimenti non si arriva alla pace". Tutti gli chiedono della telefonata a Putin e lui non si sottrae: "Gli ho chiesto quando e se sia previsto il cessate il fuoco. “Le condizioni non sono mature“, mi ha risposto. Però è stato aperto il corridoio umanitario di Mariupol. Poi è seguita una descrizione della situazione geostrategica dell’Ucraina e quali potrebbero essere le condizioni di un accordo da parte di Putin. A questo punto ho espresso la mia convinzione che per risolvere alcuni nodi cruciali sia necessario un incontro col presidente Zelensky, che lo chiede dall’inizio della guerra. La risposta è stata che i tempi non sono ancora maturi, le trattative devono fare altri progressi". Che però iniziano a maturare. Draghi ha sottolineato che "uno dei punti che Putin ha trattato è che a suo avviso ci siano dei piccoli passi avanti nei negoziati. E in effetti le posizioni si sono un po’ avvicinate. Ma sono molto cauto, c’è molto scetticismo". "C’è desiderio di andare avanti, presto, ma è anche presto – aggiunge – per superare lo scetticismo. Ho riaffermato la disponibilità dell’Italia, che è stata accolta. La telefonata è terminata con l’intenzione di tenersi in contatto".

Draghi ha parlato anche di gas, del fatto che a suo avviso non c’è un rischio che l’esportazione russa possa interrompersi, che il pagamento in rubli "è inaccettabile e non fattibile". "Le parole di Putin sulla questione pagamento in rubli – dice – sono state: i contratti esistenti rimangono in vigore, le aziende europee, e ha rimarcato che è una concessione solo per loro, continueranno a pagare in euro o in dollari. La spiegazione su come si faccia a conciliare le due posizioni, dollari e pagare in rubli, è stata lunga, ma è un fatto interno alla federazione russa". Draghi ha comunque sottolineato che è necessario diversificare: gas liquefatto, rinnovabili, anche valutare nuovi gasdotti. E poi bisogna mettere un tetto al prezzo. "Germania e Italia – osserva – stanno finanziando la guerra russa, insieme a tutti i paesi importatori di gas, di grano. Non c’è dubbio. Per questo nel Consiglio europeo abbiamo spinto per un price cap sul gas. Non c’è nessun motivo perché il gas sia così caro per gli europei. Non è semplice. Ma la Russia non può venderlo a nessun altro: c’è lo spazio per fissare un tetto".

Il premier ha parlato anche della spinosa questione dell’aumento al 2% delle spese militari, ancora calda dopo la “quasi rottura” con Giuseppe Conte. "L’impegno dell’Italia per arrivare al 2% di spese militari – ricorda – è stato preso con la Nato nel 2014 ed è stato ribadito da tutti i governi. E noi questo impegno lo confermiamo. Il 2024 è un’indicazione, non è un obiettivo a cui tendere". Nonostante Conte. "Ci siamo visti con il presidente Conte il quale chiedeva un allungamento dell’obiettivo al 2030 – sottolinea Draghi – . Io ho detto “No, si fa quel che il ministro Guerini ha proposto e deciso“, e cioè il 2028. Il consenso nella maggioranza c’è, non c’è nessun problema". O meglio, la tempesta in un bicchier d’acqua è stato superata battendo il pugno sul tavolo.