Mercoledì 24 Aprile 2024

Draghi e gli altri leader da Zelensky "Vogliamo l’Ucraina nella Ue"

Il premier italiano con Macron e Scholz nella città martire di Irpin. "Nessuna richiesta di nuove armi"

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di Giovanni Rossi

Una notte e un giorno. Per chiarirsi faccia a faccia e calarsi – allineati – nell’abisso ucraino. Quando Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz ripartono per le rispettive capitali, l’Ucraina si sente meno debole nonostante l’Armata Rossa in Donbass stia avanzando. "Vogliamo che si fermino le atrocità. Vogliamo la pace. Ma l’Ucraina deve difendersi. E sarà l’Ucraina a scegliere la pace che vuole. Qualsiasi soluzione diplomatica non può prescindere dalla volontà di Kiev, da quello che ritiene accettabile per il suo popolo. Soltanto così possiamo costruire una pace che sia giusta e duratura", scandisce il presidente del Consiglio. "Le condizioni che gli ucraini pongono oggi – spiega – sono di integrità territoriale, al momento non si vedono margini". Però mai dire mai, vista "l’iniziativa diplomatica mondiale che un mese fa non c’era".

Italia, Francia e Germania portano in dono l’unanime volontà di assegnare all’Ucraina lo status di paese ’candidato’ all’ingresso nell’Unione, appoggiando il parere della commissaria Ursula von der Leyen e impegnando ogni energia per convincere della scelta i più dubbiosi tra i 27. Un compito alto. "Continueremo a combattere finché non garantiremo la completa sicurezza al nostro Stato. Apprezziamo la vostra solidarietà con la nostra nazione e il nostro popolo", dichiara il presidente ucraino Volodymir Zelensky festeggiando l’arrivo dei tre big (cui si aggiunge il presidente romeno Klaus Iohannis) in una capitale martellata dagli allarmi anti-aerei, ripetuta colonna sonora dell’intensa giornata.

Scattata mercoledì notte da Medyka, in Polonia, la trasferta ferroviaria dei tre più importanti leader Ue restituisce l’immagine di una comunità politica che prova a restare unita pur nelle difficoltà che il conflitto sta causando. Abbigliamento casual, acqua sul tavolo, Draghi & Co. sono fotografati nei loro dialoghi mentre reparti speciali e 007 armati di tutto punto sorvegliano la tradotta diplomatica. I timori ucraini di un pressing troppo diretto per ammorbidire le posizioni e aprire trattative per il cessate il fuoco, seppur da una posizione attuale di estrema fragilità, sono subito fugate. "Oggi non ci sono state richieste da Zelensky di nuove armi – svela Draghi – . Ci ha descritto la situazione com’è, critica, perché le armi sovietiche stanno finendo le munizioni e le nuove armi necessitano di addestramento, ma ci vuole tempo".

Il blitz a Irpin, scheletro di casermoni dilaniati, tra macerie e odori ripugnanti, è il passaggio di verità offerto agli ospiti. Draghi appare il più empatico, anche più di Macron, mentre il feeling tra Scholz e i vertici ucraini risulta meno forte. "Condanniamo senza esitazioni le atrocità commesse dai russi – dichiara il presidente del Consiglio –. Diamo il nostro completo sostegno alle indagini sui crimini di guerra. Irpin è un luogo di distruzione ma anche di speranza. Tutto sarà ricostruito". E lo dichiara poco prima che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ammetta in un’intervista che in questa guerra "la Russia non è perfettamente pulita, è ciò che è, ma noi non ci vergogniamo a mostrarci per come siamo". Segnali. "Da parte della Russia c‘è un uso politico del gas come del grano", nota Draghi. "Ora occorre sminare i porti ucraini, custodire l’uscita delle navi, evitare il dramma di una carestia mondiale". A fine giornata i nodi restano tutti, e ben serrati, ma la prima linea dell’Unione almeno stavolta ha una vocesola.