Draghi cauto: il virus non è finito "Le varianti minacciano la ripresa"

Il premier al Consiglio europeo predica vigilanza sulla pandemia. "Non ripetiamo gli errori dell’estate scorsa"

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di Antonio Troise

Primo, evitare lo stesso copione dello scorso anno quando, superato il lockdown, gli italiani abbassarono la guardia ed andarono in vacanza convinti che il Covid fosse stato definitivamente sconfitto. Così è toccato ieri a Mario Draghi, nel bel mezzo del Consiglio europeo a Bruxelles, far suonare un campanello di allarme e invitare tutti alla cautela. L’arrivo del vaccino e il buon andamento della campagna di immunizzazione non è sufficiente a sgombrare tutte le nubi sull’orizzonte dell’economia. "La pandemia non è finita, non ne siamo completamente fuori, va affrontata con determinazione, attenzione e vigilanza".

A preoccupare il premier sono soprattutto le varianti, a cominciare da quella Delta, responsabile ormai del 95% dei nuovi contagi inglesi. "Pensate che il Regno Unito, qualche settimana fa, aveva un numero di casi più o meno uguale a quello della Francia e ora sono venti volte di più". Un trend che, sentenzia Draghi, "sta creando incertezza anche sulla ripresa economica. A settembre non vogliamo trovarci nella stessa situazione dello scorso anno. Avremo pur imparato qualcosa".

Anche perché, ha ricordato l’ex numero uno della Bce, in autunno riprenderanno le scuole, bus e metropolitane saranno piene e non possiamo permetterci nuovi errori. La situazione, insomma, resta critica. Anche perché, nel frattempo, il caos che ha segnato le ultime settimane sul fronte della sicurezza e affidabilità dei vaccini, ha rallentato la campagna di vaccinazione creando non pochi dubbi nella testa dei cittadini. Per evitare il peggio, insomma, non c’è che una strada, accelerare con la somministrazione delle dosi di antidoto, aumentare il numero di tamponi e, soprattutto, le attività di tracciamento, per bloccare sul nascere eventuali focolai. "Da un confronto internazionale è venuto fuori che alcuni Paesi sequenziano molto di più rispetto all’Italia". Il rischio di una impennata dei contagi è più che reale.

Ma non basta. Sotto i riflettori del Consiglio dell’Ue anche l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, che non ha brillato certo per coerenza nelle sul ultime decisioni sui diversi vaccini e, soprattutto, sulle modalità di somministrazione per fasce di età. "È presto per dire come riformarla – ha aggiunto il premier – ma ho sollevato io stesso il tema e c’è stata una certa convergenza". È un tema complesso, "ma certamente nell’ultimo anno abbiamo visto una certa difformità di pronunciamenti fra Ema e le autorità nazionali. Esitazioni – aggiunge il presidente del Consiglio – certamente dovute al fatto che tutti apprendevano in corso d’opera ma si è vista una notevole confusione". Serve, insomma, un maggior coordinamento per evitare che, in futuro, ogni Paese parli una lingua diversa su un tema così delicato come la salute dei cittadini. "Credo che l’Ema abbia bisogno di essere rinforzata per avere i poteri che le spettano e che esercitano in altri Paesi come gli Stati Uniti".