Draghi avverte: il governo va avanti Ma cerca la pace col leader leghista

Scambio di messaggini tra i due, forse oggi un incontro. E a palazzo Chigi tornano i ministri del Carroccio

Il premier Mario Draghi, 74 anni, col numero uno del Consiglio europeo, Charles Michel, 45

Il premier Mario Draghi, 74 anni, col numero uno del Consiglio europeo, Charles Michel, 45

di Antonella Coppari

Venti di crisi in superficie, ma a scandagliare un po’ si scopre invece che il dialogo è già riaperto. Salvini e Draghi si sono scambiati gli oramai immancabili messaggini, in vista di un colloquio che potrebbe arrivare oggi stesso, e comunque avverrà a stretto giro. Un incontro necessario: c’è voglia di ricucire sulla delega fiscale, o perlomeno, di non farsi troppo male. Anche se ufficialmente entrambi tengono il punto. E dalla Slovenia, dove è volato per il vertice informale Ue-Balcani, il premier dice chiaro e tondo che gli affondi leghisti non lo fanno sbandare. "Il governo va avanti. La sua azione non può seguire il calendario elettorale". Per lui, Matteo può dormire sonni sereni: "Abbiamo fatto un’operazione di trasparenza dopo troppe opacità. Questo governo non tocca le case e non alza le tasse, non turba la ripresa con attacchi fiscali".

Parole vellutate, con l’occhio rivolto anche agli italiani che lo ascoltano, ma sostanza inflessibile. Draghi come al solito non arretra di un millimetro. La riforma del catasto ci sarà, e la modifica delle tabelle anche: non subito, ma nel 2026. "L’ intervento prende 5 anni". Proprio ciò che il Capitano esplicitamente boccia: "Nessun aumento presente o futuro delle tasse otterrà mai il sostegno della Lega". Finge di non cogliere il senso delle dichiarazioni di Draghi, si dice rassicurato dal chiarimento sulla patrimoniale con cui il premier peraltro lo smentiva ("non c’è assolutamente"), era stato proprio lui ad affermare che la riforma del catasto "in realtà è una patrimoniale". Il leghista tiene il punto: "Contiamo che il Parlamento tolga qualsiasi ipotesi di riforma del catasto e di patrimoniale dalla delega". E già che c’è, alza il tiro sulla riapertura delle discoteche con capienza al 35%. "E’ una presa in giro". In circostanze normali il rischio di crisi sarebbe elevatissimo, nella realtà italiana, almeno per ora, non la teme nessuno. "Salvini ha detto che la partecipazione al governo non è in discussione", sottolinea Draghi, che oggi incontra Angela Merkel a palazzo Chigi.

La diplomazia dei governisti della Lega si è messa in moto: oggi i ministri saranno presenti nella riunione del consiglio e Giorgetti ("lavoriamo, lavoriamo", assicurava ieri) parteciperà alla cabina di regia sulla scuola. Il colloquio diretto dovrebbe sbloccare definitivamente la faccenda e, anzi, le colombe del Carroccio individuano come via maestra per evitare nuovi scossoni proprio la scelta di una sede – poco importa se formale come un vertice dei segretari – che permetta un rapporto continuato e diretto tra il capo del governo e quello della Lega. Ma per quanto riguarda febbraio, invece, l’incertezza è diffusa.

Nella riunione con i ministri del Pd, Letta ha detto che Salvini si prepara ad uscire dopo l’elezione del capo dello Stato. Sia lui che Conte concentrano il fuoco sull’aggressione al governo: "Così, lo affonda", dice il capo M5s. "Ha dato del bugiardo a Draghi", sottolinea il segretario Pd. Lo fanno per chiarire che, se Matteo proverà a far saltare il banco, sarà per sua scelta e non perché costretto e quasi messo alla porta dal premier, come sostiene qualcuno a via Bellerio. I forzisti che, provocando l’irritazione degli alleati, si sono schierati a sostegno della riforma, considerano un’alzata di testa di Salvini modello Papeete molto poco probabile e così la pensano anche i governisti della Lega. La faccenda, però, è più complessa di quanto non fosse nell’estate del 2019. Stavolta non si tratterebbe di far saltare il tavolo, la chiave per arrivare alle urne anticipate sarebbe l’elezione di Draghi alla presidenza della Repubblica, lo stesso Pd forte del successo ottenuto è spaventato dalla nascita di un terzo polo, potrebbe a quel punto considerare le elezioni la strada meno rischiosa. Ma una decisione su febbraio Salvini non l’ha presa, non ha individuato un punto di caduta. Per questo, l’agitazione in seguito alla disfatta nelle urne non solo finisce per essere scomposta ma confonde ulteriormente una partita già estremamente complessa come sarà quella della nomina del successore di Mattarella.