Giovedì 18 Aprile 2024

Donne di poca fede "Non abbiamo voce" L’altra metà del cielo fugge dalla Chiesa

In Italia sempre meno ragazze si dichiarano praticanti regolari "Contestiamo le posizioni sulla sessualità e sul nostro status". E le percentuali di abbandono sono uguali a quelle degli uomini

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di Giovanni

Panettiere

Rompere il silenzio per dare voce e dignità alle donne sempre più in rotta con i dettami cattolici. Prendono forza nella Chiesa le cristiane che hanno deciso di non stare zitte a pregare e servire. Anche in Italia le femministe di Dio iniziano a fare rete, denunciano gli abusi di genere, rivendicano spazi a messa, nel governo ecclesiale come in ambito teologico, ispirandosi al Vangelo e sulla scia delle conquiste femminili nella società. È la risposta all’esodo delle donne dalla Chiesa – silenzioso e senza sosta – che sta minando la trasmissione della fede alle nuove generazioni, per secoli prerogativa di madri e nonne.

L’indagine sociologica più recente sul tema (Donne di poca fede?, condotta da Stefania Palmisano e Lorenzo Todesco) evidenzia come le italiane, che si dichiarano cattoliche, siano passate dal 94,8% all’85,7% (1981-2009). Per l’Istat sono soprattutto le giovani ad abbandonare il perimetro ecclesiale. Nel 2001 le praticanti regolari erano molte di più di quelle che non mettevano piede in chiesa (44,2% contro 11,8%). Oggi, invece, tra le 20-24enni le seconde sono il triplo delle prime. Anche il gender gap – la differenza di religiosità tra maschi e femmine, con queste ultime baluardo storico della frequenza alla messa – è praticamente scomparso: dal 2008 le percentuali di abbandono dei riti dopo la Cresima sono pressoché sovrapponibili per entrambi i sessi (-24% nella fascia di età 6-13).

Un recente studio americano della Georgetown University aiuta a capire quali siano le ragioni alla base dell’uscita dalla Chiesa delle under 40. Premesso che il 10% lamenta episodi di sessismo in parrocchia, le motivazioni riguardano soprattutto disaccordi col magistero su sessualità e omosessualità (39%) e sullo status delle donne (23%). Ipocrisia e abusi sessuali si fermano al 9%. A dimostrazione che le ferite più profonde derivano da una dottrina, che non muta di una virgola su anticoncezionali, aborto e rapporti sessuali, nonostante il pontificato più pastorale di Francesco.

D’altra parte chi resta nella Chiesa lo fa sempre più per e con convinzione. La passività introiettata sta lasciando spazio all’attivismo pieno e critico. Negli Usa dagli anni Settanta esiste la Women’s Ordination Conference, in prima linea per le donne prete e diacone; in Germania le realtà femministe cattoliche partecipano al Sinodo tedesco sull’aggiornamento della fede. Dal 2018, invece, esiste nel nostro Paese il primo network di base al femminile, Donne per la Chiesa. Anima del progetto, a suo modo un’evoluzione dell’esperienza di frontiera delle cattoliche del dissenso negli anni ‘70, è la sociologa Paola Lazzarini Orrù. "Vogliamo promuovere una forte consapevolezza nelle fedeli, affinché agiscano da protagoniste – dichiara –. L’Italia sconta un ritardo nel promuovere un’azione collettiva di base dovuto alla storia di alleanza fra le donne e l’istituzione cattolica che ha svilito in ogni modo possibile il movimento femminista, additandolo come pericoloso per la famiglia in un contesto culturale familista".

Ma la società evolve e con essa (coi suoi tempi) il tessuto ecclesiale. Un ruolo lo sta giocando anche la teologia femminista. La pioniera è stata nel 1895 l’americana Elisabeth Cady Stanton, autrice della dirompente Woman’s Bible. Da qui ha preso il largo lo sviluppo di una coscienza di genere sia attraverso la riscoperta dei personaggi femminili della Bibbia, sia con una rilettura del testo sacro tale da distinguere la rivelazione divina dal pensiero degli autori, maschi e d’impronta patriarcale. "A parlare e a tramandare la fede sono stati principalmente degli uomini, sarebbe insensato ritenere che non abbiano parlato dal loro punto di vista – spiega la teologa Selene Zorzi –. Quello per cui la donna è l’altra, subordinata. Va superata una grammatica di fede declinata al maschile che ha reso Dio maschio. Diceva Mary Daly “se Dio è maschio, allora il maschio è Dio“, con ciò che ne consegue".

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