di Pierfrancesco De Robertis Cento anni, quasi centouno sono tanti, e basti pensare che Assunta Almirante venne al mondo il 14 luglio del 1921 quando Benito Mussolini non era ancora stato eletto deputato. Un secolo che racchiude più di un’era, con una eredità ingombrante anche se mai pienamente accettata. "Non sono mai stata fascista", diceva di sé. Una personalità forte, sua e quella di suo marito, che rappresentarono il simbolo di uno dei momenti in cui il confronto tra le tradizioni culturali, la dialettica tra i partiti e la sintesi politica toccarono i punti più alti, e che guarda caso dettero vita all’ineguagliabile miracolo italiano. Non sarà certo stato un caso. Oddio, non è sempre stato rose e fiori, e il metodo democratico ha impiegato un po’ di tempo a essere intimamente accettato dalle forze politiche, con i comusti che per diverso tempo dopo il 25 aprile 1945 hanno continuato ad ammazzare avversari politici nelle campagne emiliane, i democristiani ad allestire le reti difensive di Gladio e i missimi a pasticciare con destabilizzanti trame "atlantiche" e tentativi di colpi di stato, ma insomma diciamo che esauritosi il vento gelido della guerra fredda, il confronto è stata la spina dorsale della prima repubblica. Di quel mondo Assunta Almirante, e prima di lei il marito Giorgio, sono stati uno degli elementi insieme ai capi della Dc, del Pci, del Psi evia via di tutti gli altri partiti. Era gente che si riconosceva, che non si odiava, e che sapeva di camminare all’interno di una stessa trama, di un comune destino. Era un’Italia sì divisa, ma che si identificava nelle rispettive divisioni, e da quelle traeva forza. Perché specchiandosi nell’altro, ognuno si definiva e quella definizione finiva per rappresentare una sorta di programma politico. Sapevi chi eri, chi rappresentavi, sapevi dove volevi arrivare e perché ...
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