Martedì 16 Aprile 2024

Don Pietro Cesena, prete anti rapper: "Se li incontro, li picchio"

La crociata del sacerdote: "Canzoni su sesso, droga e soldi. Devastanti per i giovani"

Don Pietro Cesena

Don Pietro Cesena.

Piacenza, 2 luglio 2019 - "Stronzi!". Lo urla due volte. Durante l’omelia della domenica. Quella che spezza il tabù della parolaccia in chiesa e spara a zero contro i rapper, gli pseudo miti dei giovanissimi di oggi che ce l’hanno con la vita, col mondo, genitori in testa. E che conoscono a memoria il linguaggio rap di quei testi che sprigionano insofferenza verso la vita. Parole durissime quelle pronunciate domenica mattina durante l’omelia da don Pietro Cesena, parroco di Borgotrebbia, frazione di Piacenza.

Per tutti, da quel momento, il ‘don’ è diventato il prete anti rapper, contro la musica del diavolo "che fa male ai nostri ragazzi". Don Cesena, perché? £Era ora di fare qualcosa, non si poteva più stare a guardare. I vostri figli ascoltano la musica di questi stronzi, presunti rapper, che a ragazzini di 12 anni, che si affacciano alla vita con tutti gli ormoni in circolo gli dicono che tanto la vita finisce in niente. L’ho già detto in omelia e lo ribadisco: se ne incontro uno lo picchio, poi mi picchia lui, ma io mi ci butto dentro perché non è possibile che i nostri ragazzi ascoltino da questi stronzi che ciò che vale è solo la carriera, i soldi, il sesso, la droga".

I rapper e la loro musica dipinti come il male di una generazione abbandonata a se stessa. E’ sempre così? "Spesso lo è. In un contesto nel quale i nostri adolescenti si sentono soli, devastati dalla sofferenza, sballottati tra un padre e una madre separati, senza affetti né punti di riferimento, è facile identificarsi con questi personaggi che hanno un’influenza negativa sulle loro vite. I giovani sfruttano quei testi per contestare la vita".

Una sorta di rabbia interiore urlata al mondo attraverso la provocazione della musica, insomma. "È così. Questi pseudo artisti sfruttano il limbo di sofferenza nel quale i ragazzini di oggi spesso sprofondano. Viviamo in una generazione che contesta l’abbandono da parte dei genitori, la competizione spinta all’esasperazione, i soldi a tutti i costi e a ogni età, con valori, anche i più banali, a volte messi in dubbio dalla mancanza di un’educazione di base. E ci aggiungerei anche rapporti sociali a intermittenza. Tutto questo comporta una sofferenza interiore che trova sfogo lì, in quella musica. Scritta con parole usate solo per fare soldi".

Si spieghi. "È molto più facile vendere dischi parlando di droga, denaro, carriera, sesso e ribellione. Un dodicenne in crisi è l’esca migliore". I rapper come il segnale del disagio degli adolescenti di oggi, quindi? "Assolutamente sì. I ragazzini dovrebbero avere il diritto alla spensieratezza, invece spesso questo non accade e per un giovanissimo allo sbando emotivo certe parole possono portarlo sulla strada delle violenze, del bullismo, di un’apertura al mondo della droga e a quanto di peggio possa esserci nella nostra società. Casi estremi, certo, ma possibili". Che musica dovrebbero ascoltare i nostri ragazzi? "Va bene qualunque testo che abbia buoni contenuti e lanci messaggi positivi. Anche il rock. Che io adoro".