TREVISO
Attirata in casa forse con il pretesto di offrirle della cocaina, sostanza di cui pare fosse assuntrice abituale, e poi picchiata a morte, probabilmente come reazione ad un rapporto sessuale non voluto. È la dinamica ritenuta più plausibile per la morte di Anica Panfile, romena di 30 anni residente a Treviso, madre di quattro ragazzi, trovata priva di vita il 21 maggio scorso in un corso d’acqua affluente del Piave, a Spresiano (Treviso). Un delitto per cui i carabinieri hanno eseguito il fermo di Franco Battaggia, 77 anni, residente ad Arcade (Treviso).
L’uomo, già indagato a piede libero dalla scorsa estate, è accusato di omicidio e tentata soppressione di cadavere.
Il suo è stato un nome molto ricorrente nelle cronache di fatti di sangue in Veneto tra gli anni ‘80 e ‘90, in quanto collegato alla Mala del Brenta di Felice Maniero. Appianati i suoi numerosi debiti con la giustizia, Battaggia gestisce da anni una pescheria a Spresiano, proseguendo un’attività avviata più di 40 anni fa e gestita a lungo con il fratello, Galliano, ucciso a fucilate da ignoti nella sua abitazione di Mogliano Veneto (Treviso) nel giugno 1991.
Battaggia era stato per un certo periodo datore di lavoro di Panfile, che da qualche mese lavorava all’interno di un istituto assistenziale di Treviso. La prima spiegazione fornita dall’uomo agli inquirenti, pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo della donna, ammettendo di averla incontrata, era stata quella di un appuntamento concordato per consegnarle un documento fiscale. Dopo, aveva detto, l’avrebbe soltanto accompagnata a un altro incontro con una persona a lui sconosciuta. Le successive indagini, affidate ai carabinieri del Ris nella casa e nell’automobile dell’indagato, tuttavia, avevano restituito elementi tali da prefigurare uno scenario diverso. In particolare sarebbero state rinvenute tracce del Dna della donna in una camera da letto di Battaggia, con tentativi di cancellazione, e residui di cocaina analoghi a quelli rintracciati nel sangue di Anica in sede di autopsia.
A non essere stati recuperati sono invece il cellulare della donna e altri elementi a sostegno di un’affermazione di Battaggia, secondo cui le avrebbe consegnato in prestito 5mila euro.
L’esame sul corpo avrebbe posto in evidenza forti traumi alla nuca, inferti a mani nude, ed indizi di soffocamento, indicato alla fine come la causa del decesso. Per domani è attesa la convalida del fermo, disposto dalla Procura della Repubblica di Treviso. Battaggia è da questo pomeriggio custodito nel carcere cittadino di Santa Bona.