Divisi sul vaccino alla figlia Decide il giudice. Nel 2023

Bologna, contenzioso tra i genitori di una 13enne. L’udienza fissata tra un anno. Il paradosso: a quel punto non servirà più. Il padre: "Temo per la sua salute"

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di Nicola Bianchi

Segnatevi questa data: 24 febbraio 2023. Solo allora i giudici della Corte d’Appello decideranno sulla sorte vaccinale anti-Covid di una ragazza tredicenne. Tra un anno e 24 giorni. Scelta assurda per il padre perché aspettare tanto "potrebbe avere gravissime conseguenze per la salute di mia figlia e rendere addirittura vano il presente giudizio". Una ’guerra’ familiare sulla pelle della tredicenne, in affido condiviso tra gli ex mai sposati, andata a cozzare contro le maglie di una giustizia-lumaca, sempre più alle prese con problemi di organico, incapace di decidere ora, in piena crisi pandemica.

Siamo a Bologna, dove la percentuale complessiva degli immunizzati è vicina al 90%: lui vaccinato, lei convinta ’no vax’ e accusata di aver "suggestionato" la figlia, inizialmente favorevole all’immunizzazione, e di "averle fatto il lavaggio del cervello" dopo "otto mesi vissuti esclusivamente con lei". Nemmeno l’invito della pediatra è servito a qualcosa, così il padre ha optato per le vie legali, presentando il 28 settembre 2021 ricorso in tribunale attraverso l’avvocato Lorenzo Casanova. "L’opposizione materna alla vaccinazione – scriveranno il 2 novembre i giudici della prima sezione civile del tribunale felsineo – si fonda essenzialmente su tre rilievi: il rifiuto espresso dalla minore di sottoporsi all’inoculazione del vaccino; la non conoscenza, allo stato, degli effetti collaterali; il grave rischio a cui sarebbe inutilmente sottoposta la ragazzina, trattandosi di un vaccino ancora in fase sperimentale". Per questo "è imprescindibile valorizzare la volontà della tredicenne", sentita quello stesso giorno e per Ctu e giudici apparsa "matura, serena, senza incertezze nel manifestare la volontà di non ricevere il vaccino, sia perché non particolarmente interessata alla vita sociale, sia perché spaventata dagli effetti dello stesso".

A 13 anni, insomma, "deve ritenersi pienamente capace di discernimento, in grado di manifestare opinioni in merito e ciò che le sembra più opportuno e di esprimere desideri confacenti al proprio benessere". La scelta, dunque, è solo sua e il ricorso del padre va rigettato. Una decisione immediatamente impugnata con reclamo depositato in Appello due giorni più tardi. Secondo il papà, a 13 anni "non può avere la maturità necessaria per decidere se vaccinarsi o no". Una maturità che "purtroppo – è l’affondo verso la ex – non ce l’hanno neppure tanti adulti, come la di lei madre no vax, i quali rifiutano il vaccino sulla base di improbabili fake news e teorie antiscientifiche".

All’atto segue varia giurisprudenza in materia, tra cui una recente pronuncia del tribunale di Milano su un fatto analogo. Con i giudicanti che hanno autorizzato il padre "a valutare, in autonomia, senza l’accordo della madre (...), se sia necessario o anche solo opportuno somministrare il vaccino anti-Covid 19 alla figlia minore". Ammonendo la donna "a non ostacolare l’effettuazione delle vaccinazioni e dei tamponi". Tornando a Bologna, il caso in Appello verrà discusso solo il 24 febbraio 2023, scelta notificata nei giorni scorsi al genitore che non si è arreso chiedendo alla Corte di anticipare l’udienza. "Al momento – così l’istanza – è fatto notorio e decisamente allarmante la recrudescenza pandemica in atto, soprattutto tra gli adolescenti". E attendere oltre un anno "potrebbe avere conseguenze gravissime".