Mercoledì 24 Aprile 2024

Disabilità senza tabù "Chiamatemi pure nana Sono alta un metro e guido l’auto degli eroi"

Francesca Moscardo soffre di displasia diastrofica: "Almeno cammino...". Sul suo sito “Nanabianca“ mostra le difficoltà sotto un’altra luce. "Le mie scarpe costano mille euro ma posso soppalcare tutta la casa".

di Benedetto

Colli

"Sono un cavaliere senza cavallo. Mi prenderò un pony". Dal suo metro esatto di altezza, a Francesca Moscardo basta una battuta per chiarire il motivo per cui Sergio Mattarella l’ha nominata Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica Italiana: "Per l’entusiasmo e l’ironia con cui affronta i temi connessi alla sua disabilità offrendo consigli utili per la vita quotidiana". Veronese, 35 anni, social media manager e copywriter, dal suo blog Nanabianca ("Dal nome della stella piccola come la Terra, ma pesante come il Sole") parla con franchezza e levità della malattia genetica con cui fa i conti dalla nascita: la displasia diastrofica, che colpisce un individuo ogni 35.000 ed è caratterizzata da un difetto nella formazione delle cartilagini. Ma quando al termine dell’intervista si allontana, sul selciato si disegna un’ombra imponente, altissima, per la grazia che ha il tramonto di svelare le cose nella loro giusta proporzione.

Come devo chiamarla? Cavaliere?

"No, penso di utilizzarlo solo con le persone antipatiche".

E rispetto alla sua condizione?

"A me la parola “nana” piace: è corta e indica bene uno stato. Molti la ritengono dispregiativa ed è meglio non usarla con chi non si è intimi. Ma personalmente troverei ridicolo definirmi una “persona di bassa statura”. Voglio dire, sono molto di bassa statura!".

Quanto è alta?

"Un metro preciso. Sono un’unità di misura portatile. Non bastasse, la displasia diastrofica ha una serie di corollari: scoliosi, palatoschisi, pugni che non si chiudono, giunture che non si piegano, anche flesse in avanti, piedi equini".

Che problemi affronta nel quotidiano?

"Vivo in una casa di tre piani. Al mattino mi lavo nel bidè. Uso uno sgabello per raggiungere i mobili. Passeggiare mi stanca presto, spesso devo muovermi in carrozzella. Raramente posso indossare i vestiti che vedo in vetrina. Ma sono tra i fortunati: pochissimi nella mia condizione riescono a camminare. Per esempio, le mie scarpe sono su misura e costano quasi 1000 euro. Il Servizio sanitario nazionale me ne spesa un paio ogni 18 mesi, ma in molti paesi ciò non è possibile. Negli Stati Uniti, infatti, la displasia diastrofica si accompagna di frequente all’obesità".

Lei quanto pesa?

"24 chili. Non posso superarli".

C’è invece qualche pro nella sua condizione?

"Entro gratis a Gardaland (ride). Se la butto sul goliardico, trovo molti esempi: posso soppalcare tutta la casa e raddoppiarne la superficie; al ristorante ordino la porzione piccola e risparmio; nelle foto di gruppo vengo sempre messa davanti. In generale, occupo poco spazio: è un vantaggio meno banale di quanto non sembri".

Come reagisce chi la incontra?

"I bambini mi identificano subito come adulta e mi chiedono come mai sia così piccola. Gli anziani, di contro, tendono a scambiarmi per una bimba. Se invece capiscono che sono nana, spesso mi toccano la testa. Non so il perché lo facciano, ma lo fanno (ride)".

C’è stato un momento di svolta nella sua vita?

"Da bambina dipendevo dai miei genitori in tutto, dalla cura personale all’uscire di casa. Crescendo, mi ero autoconvinta di non poterne fare a meno. In età adulta ho attraversato un periodo buio da cui sono emersa a 25 anni con l’aiuto di una psicologa. Mi fece scrivere una lista di obiettivi: da cucinarmi un uovo a imparare a guidare".

Ha la patente?

"Dal 2015, ottenuta dopo un’infinità di visite mediche. Guido una Fiat Panda adattata alle mie esigenze. Sembra l’auto dei supereroi".

Un tempo i nani popolavano le corti rinascimentali.

"In realtà, la storia è sempre stata spietata con chi ha un corpo diverso. Anche a palazzo, i nani erano solo un gradino sopra i cani. Non erano neanche considerati uomini a tutti gli effetti. Paradossalmente, fa eccezione il primissimo esempio conosciuto: Romito 2, uno scheletro risalente al Paleolitico ritrovato nella grotta del Romito in Calabria. Nonostante la sua condizione, ha vissuto integrato nella sua comunità, è morto in età adulta. Fa riflettere: 11.000 anni fa, c’era una dignità della persona disabile talvolta maggiore che in alcune società contemporanee".

Subisce attacchi sui social?

"No, anzi. In tanti mi scrivono: “Come sei dolce”, “Come sei brava”. Il rischio, semmai, è che abbiano un’immagine idealizzata di me. Anch’io, come tutti, posso essere una stronza colossale (ride). O ancora: “Come sei forte”. Ma per me, uscire di casa o meno non è una scelta. Devo viaggiare, conoscere le persone, capire dove posso arrivare. Essere coraggiosa è una necessità di vita".