Venerdì 19 Aprile 2024

Di Maio balla da solo e tesse la tela anti-Conte

Draghi, Renzi, gli uomini Benetton, adesso anche Gianni Letta: il ministro degli Esteri sempre più attivo. I rapporti col premier? "Freddini". .

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di Antonella Coppari

Una girandola frenetica di incontri. Un elenco di colloqui fittissimo. Luigi Di Maio volteggia da una chiacchierata con il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian a uno scambio di vedute con il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh. Nulla di strano, visto che è il capo della diplomazia italiana, finché si tratta di riunioni internazionali. La sua agenda diventa più bizzarra quando chiama in causa la politica di casa, come è spesso capitato in questi ultimi tempi. Alla fine di giugno ha visto l’ex capo della Bce, Mario Draghi con cui ufficialmente ha parlato di Europa, ma il dubbio che sia sfuggita anche qualche parola sul Quirinale è diffuso. Poi ha incontrato Gianni Letta, con cui avrebbe discusso di Authority e legge elettorale ma è difficile pensare che la conversazione non si sia allargata. Infine si è intrattenuto con lo storico manager dei Benetton Gianni Mion, presidente di Edizioni Holding che ha al suo interno Atlantia per diisquisire di Aspi. Comprensibile l’esigenza di muoversi a 360° finché era capo dei 5stelle. La faccenda diventa singolare ora che quel ruolo non lo ricopre più.

Nel clima di eterna diffidenza che regna nei palazzi romani ce n’è abbastanza per innescare sospetti di ogni sorta: forse l’ex vicepremier briga per far cadere Conte; facile che miri a un governo di unità nazionale; incontri di questo livello non possono essere rassicuranti per il premier. I fedelissimi smentiscono e minimizzano: sicuramente Di Maio sta crescendo; ovvio che voglia tessere rapporti ma senza secondi fini; nessun governissimo e non c’è necessariamente il tentativo di scalare di nuovo i vertici di M5s anche se certo ambisce a far parte del gruppo dirigente del Movimento e vuole giocare un ruolo centrale in un’area i cui confini ha chiari in mente: moderata, innovativa ed europeista.

In realtà è probabile che nemmeno Luigi sappia dove vuole arrivare. Il quadro della politica italiana e, ancor più del Movimento, è troppo confuso per delineare piani. Quanto meno improbabile che intenda scalzare ora quel Giuseppe Conte con cui ha rapporti che vengono definiti "cordiali", che di solito – fuor di diplomazia – si traduce in "freddini". Di sicuro il ministro degli Esteri non ha alcuna intenzione di lasciare la politica né intende accontentarsi di un ruolo da comprimario. Sa perfettamente che la situazione di stallo indotta dalla pandemia è destinata a finire tra qualche mese: a quel punto, con una nuova legge elettorale, tutti i giochi si riapriranno. In base alla regola dei due mandati dovrebbe accontentarsi della panchina, ma il reggente M5s, Vito Crimi, ha socchiuso i battenti ad una deroga per i sindaci, e "se è valida per loro - sussurrano i grillini – può essere estesa a tutti".

Quando la partita della politica italiana si riaprirà i rapporti che Di Maio sta stringendo oggi potrebbero rivelarsi preziosi. Cosi, la spiegazione meno fantasiosa e più precisa dell’iper-attivismo è paradossalmente quella che danno i suoi estimatori: l’ex ragazzino sta imparando a fare politica e ha già imparato che per farla occorrono alleanze, amicizie e rapporti. L’esperienza gli ha insegnato che sbracciarsi da un balcone annunciando la fine della povertà garantisce titoloni il giorno dopo ma nulla di più.