Di gomma, su ruote. "Io, stregato dal deposito di Paperone"

Un libro racconta le evoluzioni architettoniche dell’edificio simbolo Disney. "È l’alter ego del papero miliardario"

Zio Paperone davanti al suo deposito

Zio Paperone davanti al suo deposito

"Se Paperone ha un alter ego, non può essere che il deposito dei dollari. Un edificio metaforico e metafisico, un transfert della personalità del creatore, l’identificazione tra il personaggio e la sua grandiosa appendice". Giacomo Delbene, genovese, 48 anni, è un architetto che ha girato il mondo correndo dietro al suo lavoro. Vent’anni a Barcellona, l’Est europeo, il Politecnico di Milano, il dottorato in urbanistica e trasportistica, la docenza. Ma prima di ogni altra cosa è un onnivoro collezionista di fumetti da quando era piccolo così: delle storie Disney, per essere precisi. Il resto è una logica conseguenza, che si è materializzata in un libro divertentissimo intitolato Il deposito di Zio Paperone, realizzato a quattro mani con la collega Mila Nikolic e pubblicato da Panini comics.

C’è un anniversario da festeggiare. Il disegnatore americano Carl Barks ha inaugurato la saga del più ricco tra i paperi nel 1947, ma è nel ‘51 che irrompe sulla scena il colossale forziere. Accade nel racconto Paperino e la banda dei Segugi – poi banda Bassotti. E subito dopo, in Paperino e la ghiacciata dei dollari, il deposito aureo si assesta sulla collina Ammazzamorti. È l’avvento di una leggenda fatta di fantastilioni che secondo Forbes equivalgono a 65 miliardi di dollari. Più una monetina da 10 centesimi, la numero uno.

Com’è nata la sua passione?

"L’ho ereditata da mio nonno. Ho completato nel tempo le raccolte di Topolino giornale, Topolino libretto, le tavole originali. In casa ho un archivio sterminato cartaceo e digitale. Mi sono messo a rileggere le vecchie avventure, il resto è venuto da sé".

Una ricerca monumentale?

"Sono partito da 600mila pagine pubblicate per selezionarne 300. Il distillato sono dodici storie che testimoniano i cambiamenti strutturali del mitico deposito".

Qual è il suo fascino?

"Tutte le architetture Disney hanno caratteristiche straordinarie, però il deposito le batte tutte. Si mescolano elementi di realtà e fantasy, alcune intuizioni hanno anticipato il futuro. Un po’ come è riuscito a Verne".

Per esempio?

"Si tratta di un Fort Knox dalle configurazioni reali e plausibili. Il monolite non perde la sua cifra identitaria ma si trasforma grazie alla genialità dei grandi disegnatori italiani: Cavazzano, Scarpa, Martina, Rota e gli altri. Gli spuntano una cupola, le guglie, la punta, i pinnacoli, la forma a piramide. Le ruote possono renderlo semovente, sa tramutarsi in bunker sotterraneo o sottomarino, diventa gonfiabile, addirittura vola in orbita. Un camaleonte con il simbolo del dollaro marchiato a fuoco sulle facciate".

Rockerduck, il grande rivale di Paperone, dice: quel cubo di metallo non sarà bello, ma ci ricorda che le grandi imprese possono compiersi.

"Descrizione perfetta. Il deposito non è un progetto estetico: è un’icona e lo sarà per sempre".

L’incarnazione del suo proprietario?

"La piscina del denaro è una visione paradisiaca per Paperone. Lui è felice solo lì: si tuffa come un pesce baleno, scava tane come una talpa, fa la doccia con una pioggia di monete. E’ ciò che ce lo rende simpatico: un taccagno, spilorcio, avaro, misantropo, cinico e spietato che non si vergogna di esserlo".

Dino Buzzati scriveva: un capitalista di carattere, senza ipocrisie. È così?

"Paperone ostenta i miliardi, la mega cassaforte è la sua vita, si è arricchito partendo dal nulla e lavorando come un mulo. Il lettore tifa per lui, non per chi vuole derubarlo come i Bassotti o la fattucchiera Amelia. E in tutto questo c’è una morale".

 

 

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