di Ettore Maria Colombo Stop al condizionatore selvaggio negli uffici pubblici. Le commissioni Ambiente e Attività produttive hanno posto un limite al riscaldamento e alla climatizzazione: la temperatura non potrà essere più di 19 gradi in inverno e meno di 27 gradi in estate, con due gradi di tolleranza. Lo stabilisce un emendamento al decreto bollette dal primo maggio al 31 marzo 2023. Arriva così una prima risposta del Parlamento alla crisi energetica. Il paradosso è che sembra quasi una ‘risposta’ (positiva) del Parlamento all’input che ha dato il premier, l’altro giorno, in conferenza stampa. Eppure la battuta, pronunciata in conferenza stampa, non sembrava delle migliori. Di certo ha dato adito a una marea di polemiche. Il presidente del Consiglio, per dare una sferzata al dibattito in corso sulle sanzioni alla Russia, su cui l’Italia, ribadisce, è allineata a Bruxelles, l’aveva messa giù così: "Preferiamo la pace o il condizionatore acceso? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre. Se l’Ue ci propone l’embargo sul gas, siamo contenti di seguire. Quello che vogliamo è lo strumento più efficace per la pace. Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace". Una frase che ha suscitato un nugolo di polemiche. Il leader del M5s, Giuseppe Conte, non vedeva l’ora di mettersi di traverso a Draghi: "Non la porrei in modo così manicheo perché poi il rischio è che la popolazione creda che se rinuncia ai condizionatori poi per questo c’è sul piatto la pace. Non credo che sia così". "Dobbiamo in modo più articolato spingere per un Energy recovery fund". Molto più tranchant e polemica è la contro-replica di Giorgia Meloni, leader di Fd’I: "Dal Presidente del Consiglio del ‘governo dei migliori’ non ci aspetteremmo queste semplificazioni. La questione in gioco non è chiedere agli italiani di spegnere per ...
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