
Roma, 10 novembre 2023 - Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi serve all’Italia. Perchè è vero che siamo fuori dal nucleare, ma continuiamo a produrre rifiuti a bassa e media attività, soprattutto sanitari e industriali, che oggi vengono stoccati in una serie di siti certo non ottimali, se non inadeguati. Sogin ha progettato un deposito di superficie, su modelli di quelli francese e spagnolo.
“Il deposito nazionale e il parco tecnologico - dicono al ministero dell’Ambiente - saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al Parco. Il deposito avrà una struttura a matrioska. Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati. In totale circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e molto bassa attività: si tratta dei rifiuti provenienti dal mondo civile e in special modo da quello medico e ospedaliero, dalle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica, per le terapie antitumorali, ad esempio, da tutte quelle attività di medicina nucleare che costituiscono ormai il nostro quotidiano”. In attesa della disponibilità di un deposito geologico, i rifiuti a media e alta attività, 17 mila tonnellate, saranno stoccati all’interno di una diversa struttura di deposito temporaneo, denominata CSA, Complesso Stoccaggio Alta attività, collocata sullo stesso sito del deposito nazionale.
In teoria, è una operazione fattibile in sicurezza, almeno per i rifiuti a bassa e bassissima attività, ma i fantasmi nucleari agitano le amministrazioni locali che temono di perdere consenso.
Il 5 gennaio 2021 il ministero dell’Ambiente rese nota la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) che conteneva l’individuazione 67 aree potenzialmente idonee (con quattro gradi di idoneità) tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna. Dopo una consultazione pubblica durata un anno (dal 5 gennaio 2021 al 15 gennaio 2022), a metà marzo 2022 Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) ha trasmesso al ministero dell’Ambiente la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) ad ospitare il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. Il ministero l’ha esaminata, alla luce delle osservazioni ricevute nel processo di consultazione, ha chiesto verifiche a Sogin, che le ha effettuate e a luglio 2023 ha rimandato al ministero dell’Ambiente la versione definitiva della proposta di Cnai. E lì resta.
Il problema è che tutte e 67 le aree potenzialmente idonee (il cui numero sarebbe peraltro sceso nella proposta definitiva, che ancora non si conosce) si sono chiamate fuori, dicendosi indisponibili e così in estate al ministero dell’Ambiente, per evitare che il progetto deragliasse, hanno deciso di invertire il processo: accettare candidature e poi verificarne la compatibilità ambientale. “Ho intenzione di aprire anche alle autocandidature a fianco alla Carta delle aree”, ha rivelato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin l’11 luglio, a margine della relazione di Arera alla Camera. E a settembre e poi nei giorni scorsi ad Ecomondo, alla fiera di Rimini, ha ribadito il concetto. E’ in arrivo un provvedimento normativo (quale, lo si sta studiando) per aprire ad auto-candidature che poi saranno vagliate con procedura Via/Vas. E’ possibile fare rientrare dalla finestra aree che erano state escluse sulla base dei criteri per la Cnai-Cnapi? Evidentemente si, se si cambiano anche di poco i criteri, ma è tutto da vedere se l’integrità ambientale della procedura di selezione sarà garantita. Il come sarà essenziale.
A quanto pare quattro comuni si sarebbero detti in linea di massima disponibili e tra questi c’è quello di Trino Vercellese, che già ospita une delle vecchie centrali nucleari italiane chiuse dopo il referendum del 1987. In l’audizione alla commissione Ambiente della Camera il sindaco di Trino Vercellese, Daniele Pane, ha rinnovato l’invito a “procedere ad altre indagini per sondare soluzioni che consentano di ospitare il deposito|a Trino se altri siti sono indisponibili“. “Nessuna auto candidatura, nemmeno la nostra, senza che sia prima pubblicata la CNAI e si sia concluso l’iter di legge attualmente previsto – ha aggiunto il Sindaco di Trino, che ovviamente per dire eventualmente “si” deve alzare la posta in modo da ottenere di più in termini di contropartite per il territorio – ma a valle del procedimento, se si concludesse in maniera infruttuosa, rimaniamo disponibili a sederci al tavolo per valutare nuovamente se sul nostro territorio è possibile individuare un’area idonea a una tecnologia sicura. Va pubblicata però la Cnai e bisogna permettere autocandidature e disponibilità da parte dei territori interessati”. E così sarà.
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