Venerdì 19 Aprile 2024

Denunciò la cyber-truffa, ma l’hacker era lui

Un 34enne fiorentino dietro la sparizione di 120 milioni di euro, 230mila risparmiatori tra le vittime. Sul caso indagò anche l’Fbi

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di Stefano Brogioni

Trentaquattro anni, studi da web designer, una passione per finanza e tecnologia che ha fuso creando una piattaforma di scambio di criptovaluta, la moneta virtuale della giungla del web. Quella stessa piattaforma che lui stesso, Francesco Firano, secondo le accuse della procura di Firenze, avrebbe "bucato" per sottrarre gli investimenti in bitcoin di oltre 230mila utenti in tutto il mondo. Valore totale dell’ammanco: 120 milioni di euro, spostati a manciate di ’Nano Xrp’ – la valuta scambiata sulla piattaforma – tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Fu sempre lui, dopo aver comunicato agli utenti via chat che stava riscontrando "delle transazioni in uscita che non dovrebbero esserci", a far denuncia, nel febbraio del 2018.

Ma troppo tardi: quel tesoro di soldi virtuali non c’era già più. Gli investigatori della polizia postale, supportati dalle fiamme gialle in un’indagine durata più di due anni, sospettano che anche lo stesso inventore della piattaforma, approfittando di una falla nel sistema, abbia partecipato al saccheggio.

"L’ammanco – hanno stabilito i consulenti della Procura – si è verificato perché gli utenti che hanno sottratto i capitali di Nano sembrano aver scoperto che richiedendo un prelievo in particolari momenti si aveva buona probabilità di ottenere due prelievi identici: uno contabilizzato e ’ufficiale’, l’altro che invece veniva lanciato ma rimaneva non contabilizzato nell’exchange".

E così, come spiega la dirigente della Polizia postale toscana, Alessandra Belardini, è andata in scena la "truffa digitale più grossa d’Europa, che ha fatto vittime in ogni parte del mondo". Per Firano, 34 anni, residente a Signa, nell’hinterland fiorentino, nickname The bomber, si è mossa anche l’Fbi.

Il giovane hacker ha ricevuto ieri mattina dal giudice, Gianluca Mancuso, un’interdizione di un anno dall’esercizio dell’attività di impresa. È accusato di frode informatica, bancarotta fraudolenta e auto riciclaggio. Secondo i magistrati Sandro Cutrignelli, Fabio Di Vizio e Luca Tescaroli, Firano, dall’alto della sua conoscenza in materia, avrebbe capito il "bug" del sistema e anziché intervenire per interromperlo, ne avrebbe approfittato.

Forse accantonando lui stesso somme ingenti, forse coprendo altri hacker. All’epoca del furto, ogni ’Nano’, una sorta di titolo azionario acquistabile con i bitcoin che veniva acquistato e venduto sulla piattaforma Bitgrail di Firano, valeva quasi 6 euro. L’improvviso e ingente ammanco ha portato al fallimento della società di cui era l’amministratore unico.

Ma Firano ci fornisce una versione del "furto" diversa da quella procura e incolpa gli sviluppatori di ’Nano’. "A causa di un controllo mancante – spiega – alcuni utenti sono riusciti a sottrarre oltre dieci milioni di ’Nano’. Il tribunale fallimentare ha stabilito che avrei dovuto occuparmi io di questo controllo mancante, io ho invece sempre sostenuto che fosse un problema della moneta e a conferma di ciò c’è il fatto che tutte le altre monete detenute dal mio exchange non hanno subito furti".