Denise Pipitone: il giorno della verità. Se la scomparsa fa più male della morte

La tv russa annuncia il verdetto sul dna di Olesya Rostova. Ma Piera Maggio: "Nessun circo mediatico, prima i risultati"

Piera Maggio con la piccola Denise

Piera Maggio con la piccola Denise

"Non vogliamo sottoporci a un ricatto mediatico da parte della tv russa. Se prima della trasmissione non ci faranno avere la documentazione relativa al gruppo sanguigno di Olesya e dell’eventuale test del Dna non parteciperemo ad alcun collegamento televisivo". Così ieri l’avvocato Giacomo Frazzitta, il legale che assiste e parla anche a nome di Piera Maggio, mamma di Denise Pipitone, dopo che la tv russa ha rilanciato la vicenda di Olesya Rostova, una giovane in cerca della madre che sarebbe stata rapita quando aveva quattro anni, proprio come la bimba scomparsa a Mazara del Vallo il primo settembre del 2004. "Il dolore di un genitore non si ripaga con il ricatto mediatico. Rimaniamo sempre cauti. Vogliamo certezza e basta", insiste Piera Maggio con Pietro Pulizzi, il papà della bambina scomparsa, nell’ultimo messaggio postato ieri sul blog ’Missin Denise Pipitone’. Era stata la trasmissione ’Chi l’ha visto?’ a dare notizia dell’appello sulla televisione russa e a trasmettere il video, con la giovane donna in lacrime. Ma fin dall’inizio i genitori di Denise si sono detti cauti. Troppe le segnalazioni nel corso degli anni, come aveva anche fatto notare Federica Sciarelli, la conduttrice del fortunato programma Rai, che si è occupato della pista russa mercoledì scorso. "Noi stiamo con i piedi per terra – aveva dichiarato la giornalista –, non vogliamo dare nessuna certezza, anche perché Piera ne ha viste e passate tante in questi anni".

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di ROBERTO PAZZI

Nel secolo scorso c’è stata un’altra bambina scomparsa, la cui pretesa di essere riconosciuta, da adulta, ha attraversato il nostro immaginario per il rango e la tragedia del suo nome. Si chiamava Anna Anderson, ma si dichiarava Anastasija Nicolaevna Romanova e cioè Sua Altezza Imperiale la granduchessa quarta figlia dello zar Nicola II e della zarina Alessandra, sopravvissuta all’eccidio della famiglia imperiale la notte del 16 luglio 1917, a Ekaterinburg.

Su di un piano assai meno mitico e più vicino al comune sentire, il mistero di Denise Pipitone, che fra poche ore proprio in Russia verrà sciolto dal dna della ventenne russa, così somigliante a Piera Maggio, la mamma, riconduce alla stessa inquietante domanda: è lei o non è lei la bambina scomparsa? Il caso della sventurata Anastasia attrasse così tanto l’immaginazione da ispirare uno dei più bei film di Ingrid Bergman, che nei panni del personaggio dalla dubbia identità vinse l’Oscar nel 1956. Nella realtà storica il ritrovamento dei resti della famiglia imperiale, per merito di Boris Eltsin, nel 1989, permise il disvelamento del mistero di Anna Anderson, il cui dna risultò non essere quello della quarta figlia dello zar di tutte le Russie, erede della fortuna depositata in una banca di Londra.

Questa volta in ballo non c’è più il favoloso tesoro degli zar, ma il cuore infelice di una madre, che da vent’anni patisce la sparizione della sua bambina, avvenuta a quattro anni, a Mazara del Vallo. Un caso dolorosissimo, che l’ha portata a lottare contro sospetti autori del rapimento, a scontrarsi con persone care, a sentirsi in lotta contro i più orrendi fantasmi, vittima di un destino così amaro da far pensare qualche volta che fosse quasi più sopportabile la morte. Perché comunque vada a finire questa vicenda, sia la giovane russa riconosciuta come l’autentica Denise, sia risulti di una diversa identità, chi restituirà alla mamma i quasi vent’anni dell’assenza? Chi le restituirà il vuoto di questo vissuto, chi la compenserà del furto di una mancata crescita, alla ricerca di una traccia, di un segno che alimentasse la speranza di poter riabbracciare la figlia?

Un’altra lingua, un’altra mentalità, un’altra cultura avranno comunque creato una diversa Denise, nella donna che oggi è diventata, se anche dovesse risultare essere quella vera. L’altra, la bambina strappata alla mamma e alla sua terra, a soli quattro anni, non tornerà mai più, perché non è mai più esistita. E l’ammanco resterà per sempre, nessuno potrà restituire a Piera quegli anni, quei lunghi venti anni, quelle carezze mancate, quello spiarne la crescita, quel sentire la vita fiorirle accanto in quel visetto ridente che diventava sempre più serio.

Certo se il caso dovesse risolversi in positivo, il risarcimento di poter stringere fra le braccia un corpo vivo e vero, senza più inseguire un fantasma, sarà impagabile. Non possiamo sapere che cosa coglierà quella mamma, in quei momenti. Possiamo solo rispettare in silenzio l’indicibile che la coglierà prima del verdetto, quando avrà ancora qualche minuto per poter sperare.