Martedì 23 Aprile 2024

Denise Pipitone. "E' viva, cercatela ancora". L'urlo della madre: vado in piazza

La 50enne contro la procura che vuole archiviare il caso. "Da 17 anni attendo giustizia, corteo a Roma"

Piera Maggio, 50 anni, con la foto di Denise, sparita quando aveva quasi 4 anni

Piera Maggio, 50 anni, con la foto di Denise, sparita quando aveva quasi 4 anni

È una madre indomita, che non si arrende mai. Una che, nonostante siano passati 17 anni tra bugie, depistaggi, millanterie nazionali e internazionali, show televisivi farlocchi, spera ancora di riabbracciare sua figlia, ingoiata da un buco nero il 1 settembre 2004 in una Mazara del Vallo cosmopolita e mercantile. Lei, Piera Maggio, la mamma di Denise Pipitone, orgoglio gladiatorio, sa bene che "ciò che facciamo in vita, riecheggia nell’eternità". Perciò non getta la spugna, non abbassa la guardia e conta solo i giorni che la separano dal ritorno di Denise, dalla speranza di gettare le braccia al collo della sua bambina che oggi avrebbe 21 anni.

"Sono passati 17 anni dal suo sequestro e ancora attendiamo verità e giustizia", dice Piera che, con il marito Piero Pulizzi, mette in rete un video in cui palloncini blu e argento punteggiano il cielo azzurro, tracciando la rotta del ritorno a casa. "Sappi sempre, ovunque tu sia, che la tua vera famiglia ti ama e non ti ha mai dimenticata. Nel cuore e nella mente tu ci sei". Di recente, la procura di Marsala, dopo avere riaperto le indagini sul rapimento della bambina – quando sparì aveva poco meno di 4 anni –, ha chiesto al gip l’archiviazione del procedimento a carico di Anna Corona (madre di Jessica Pulizzi, la sorellastra di Denise processata e assolta nei tre gradi di giudizio per concorso nel sequestro), di Giuseppe Della Chiave e di due coniugi romani accusati di false dichiarazioni al pm. Piera non ci sta al colpo di spugna e si oppone alla richiesta di archiviazione: il gip di Marsala sarà chiamato a decidere il 23 novembre. Cuore della sua contrarietà è l’intercettazione in cui la Corona parla e dice: "A picciriddra morse" ("la bambina è morta", ndr), aggiungendo: "A Piera le si deve bruciare il cuore". Non è l’unica frase "incriminata" che spinge mamma Piera a non rassegnarsi. Il 25 maggio scorso i carabinieri colgono questa frase della Corona mentre parla con la figlia Alice. "Lo vuoi sapere cu fu tanno? Io cu Giuseppe" (Vuoi sapere chi è stato quella volta? Io e Giuseppe, ndr). Giuseppe è Giuseppe Della Chiave, nipote di Battista Della Chiave, il testimone sordomuto, oggi deceduto, che aveva rivelato di aver visto la piccola in un capannone di Mazara del Vallo in braccio al giovane intento a fare una telefonata.

Secondo il suo racconto, Denise, dopo essere stata rapita, sarebbe stata portata con un motorino verso un molo, avvolta in una coperta, prima di essere caricata su una barca. Alla fine, questa storia gira sempre intorno agli stessi nomi, piste più o meno simili, veleni di faide familiari, complicità e omertà. Per evitare che i fascicoli finiscano ora nello sgabuzzino del palazzo di giustizia, i sostenitori di Piera promuovono una iniziativa a Roma per domenica 14 novembre con lo slogan: "Denise va cercata, non archiviata". La vicenda della bambina australiana apre il cuore alla speranza, ma 17 anni sono tanti. "Diciassette anni di tribunali, di avvocati, di mancate verità – dice con amarezza Piera –. È dura portare addosso un peso così grande, ma non mi rassegno. Nel mio caso oltre al dolore c’è la rabbia per le cose non fatte, per quelle che non emergono, per le tante anomalie di questa storia. Non avrò mai pace senza giustizia e verità".