Delega fiscale, destra all’attacco "Le tasse non vanno aumentate"

Il premier categorico: "Nessun nuovo prelievo". E Letta avverte: "Assurda una crisi ora"

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di Antonella Coppari

Riesplode lo scontro sulla delega fiscale. Ma stavolta la posta in gioco è altissima. A mettere sul tavolo il rischio che le cose finiscano malissimo è Enrico Letta: "È assurdo creare le condizioni per una potenziale crisi di governo". Matteo Salvini ostenta tranquilità: "Con Draghi e Mattarella troveremo una soluzione". La minaccia è concreta, perché né l’ala destra della maggioranza (FI e Lega), né il governo intendono mollare. La realtà è che i nodi del provvedimento sono arrivati al pettine. La destra, a fronte di una delega ampia, chiede che la commissione Finanze della Camera possa esprimersi "con parere vincolante" sui decreti attuativi.

Per il governo e il resto della maggioranza la richiesta è irricevibile: "Tanto varrebbe fare una legge ordinaria", sbotta il presidente della commissione, Luigi Marattin (Iv). Per la destra la proposta di una tassazione duale – Irpef progressiva e tutti gli altri redditi con aliquota unica – è "un’ipotesi lunare", avvertono i leghisti Bitonci e Gusmeroli.

L’esecutivo non ha ufficialmente avanzato percentuali, ma secondo la destra l’aliquota unica (forse del 23%) come le due transitorie (15 e 26) imporrebbero il rialzo delle tasse su Bot e affitti. Poi, c’è la riforma del catasto – passata di misura in commissione – che soprattutto Forza Italia non ha mai accettato. "Sui principi non si media, e per noi la casa è sacra", s’infervora Sestino Giacomoni. Il verdetto della destra, di governo e di opposizione (Fd’I) è secco: i vari provvedimenti messi insieme sono "di sinistra, sono una patrimoniale". Non concorderebbe Maurizio Landini, il segretario della Cgil che nell’incontro con Draghi, dove è andato assieme a Cisl e Uil, la patrimoniale la chiede davvero: "Un prelievo dell’1% sui patrimoni sopra 1,2 milioni darebbe un gettito di 6 miliardi". Ma per la destra di governo non c’è bisogno di arrivare a questi "estremi": la delega fiscale è già una patrimoniale. Dopo che il presidente Marattin aveva deciso di sospendere le sedute della commissione informando Palazzo Chigi, visto che nella notte si era sfiorata la rissa ("va capito se la maggioranza vuole una riforma o se il fisco gli serve come slogan per le elezioni") avverte il renziano), Draghi ha provato a rassicurare: "Nessuno pagherà più tasse. Il governo non tocca le case degli italiani. Lo stesso sarà per affitti e risparmi". Al termine di un confronto con i consiglieri economici (presente e d’accordo Giorgetti) il leader leghista ha deciso di andare avanti, pur senza cercare la crisi. Con Berlusconi, sentito all’ora di pranzo, hanno concordato sull’impossibilità di cedere e chiesto un incontro con il premier. Si svolgerà probabilmente martedì, ma sia Lega che FI hanno fatto sapere che l’assicurazione di Chigi non è sufficiente.

Qualche soluzione possibile ancora c’è: lo stralcio delle misure più contese, una fiducia per parti separate che consentirebbe alla destra di differenziarsi sul catasto, ma sarebbe solo un cerotto. Certo, se si dovesse arrivare a un "no" di mezza maggioranza sulla fiducia le dimissioni di Draghi sarebbero assicurate. Le voci di Chigi dicono che sia molto irritato. Alcuni ritengono che, stanco di una maggioranza, sempre più riottosa abbia quasi già deciso di dimettersi. Nei prossimi giorni la ricerca di una via d’uscita sarà frenetica, ma nessuno nasconde (specie nel Pd) che seppure l’ostacolo sarà superato, le chance di resistere a lungo sono esigue.