Ddl Zan, i dubbi: libertà di opinione a rischio

Il testo del disegno di legge vuole colpire l’omotransfobia, ma alcuni aspetti rischiano di originare intolleranza

Manifestazione a Roma per i diritti dei gay e contro le discriminazioni (Foto d'archivio)

Manifestazione a Roma per i diritti dei gay e contro le discriminazioni (Foto d'archivio)

Quando si tratta di leggi che rischiano di sconfinare nel reato d’opinione come in tutte le estensioni della legge Mancino, le polemiche sono inevitabili. Stavolta però lo scontro sul ddl Zan contro la transomofobia è diverso dal solito per vari motivi: più vasto il campo delle critiche, che non riguardano solo il presunto attentato alla libertà d’espressione, più trasversali i fronti contrapposti, senza contare il fatto che lo scontro lacera la maggioranza, con la Lega e gran parte di FI contrari.

Ddl Zan, la Lega prende tempo. Nuovo disegno di legge per rallentare il vecchio

Il provvedimento accorpa progetti di legge presentati nella scorsa legislatura e prevede aggravanti specifiche per i crimini d’odio e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili. Ma il testo votato dalla Camera ora in commissione Giustizia al Senato contiene vari punti tutt’altro che pacifici. Le critiche si possono riassumere in tre gruppi.

Il primo è quello più tradizionale: la possibilità che a essere sanzionata sia la semplice espressione di idee. Il ddl prevede la repressione degli atti discriminatori "fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere" con la punizione di chi li commette o istiga a commetterli e di chi partecipa o presta assistenza. Nasce da qui la domanda che agita pure la Cei (Conferenza episcopale italiana): se esistono gruppi che agitano il testo dell’Antico Testamento dove si prevede la morte e l’ira per i sodomiti – come il versetto 20,13 del Levitico –, ricadono sotto le pene previste dal ddl?

Il predicatore che dal pulpito evocasse quella frase o il passo altrettanto duro di San Paolo contenuto nella lettera ai Romani, sarebbe portatore di un linguaggio che può istigare alla violenza. E dunque: oltre al responsabile dell’azione, va punito chi ha letto in pubblico il testo?

Vero è che la Zan all’articolo 4 precisa che "sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte". Ma è stato pure sottolineato che quel "consentito" è un modo poco felice di richiamarsi al principio costituzionale della libertà di parola e di pensiero. Ecco perché c’è chi si è chiesto se in nome di questo ddl si possa perseguire penalmente chi affermi che presupposto delle nozze è la diversità di sesso. Sorride amara Paola Binetti (Udc): "La vicenda Fedez dimostra che chi dissente da ciò che è scritto nel testo Zan è oggetto di aggressione".

Il secondo gruppo di questioni riguarda la “misoginia“. La Zan combatte le discriminazioni in base al sesso: è chiaro che si fa riferimento alle donne. Ma l’idea di essere considerate una "minoranza" fa infuriare buona parte delle femministe e non garba neppure alla presidente della commissione Femminicidio, la senatrice del Pd Valeria Valente. Le donne sono metà dell’umanità – il ragionamento – e vogliono essere riconosciute e messe in condizioni di far valere la loro specificità.

Il terzo gruppo di dubbi riguarda l’identità di genere. Concetto difficile da inquadrare, perché totalmente slegato dal sesso biologico, ma legato a un sentire personale. Ciò significa che se un uomo si sente donna, pur non volendo cambiare sesso, per non essere discriminato dovrà avere gli stessi diritti, dalle quote rosa alla possibilità di partecipare alle competizioni femminile. "Si crea una gran confusione", lamentano i critici. "Si genera un caos che mette in discussione la radice delle nostre battaglie", insiste una parte del mondo femminista.

Non c’è solo il Carroccio a ostacolare l’iter della Zan. Da Luigi Manconi all’ex deputata democratica Paola Concia passando per la regista Cristina Comencini per arrivare a una femminista ’storica’ come Francesca Izzo perplessità sollevano anche personalità da sempre sensibili a certi temi. In questo varco s’infila Italia viva con la sua proposta, condivisa dalla critica di sinistra, di modificare la legge.