Giovedì 18 Aprile 2024

Quell'ultima frase a David Rossi: "Si risolverà tutto". Il libro a 10 anni dalla morte

Le inchieste e le lotte intestine che scossero Siena nel libro scritto da Tommaso Strambi, nostro giornalista e amico dell’ex capo comunicazione di Mps

David Rossi

David Rossi

"Ho fatto una cazzata." Uno, due, tre fogliettini, vergati a mano, e buttati nel cestino del suo ufficio. Poi un volo nel vuoto. Sono le 19.43 del 6 marzo 2013, il silenzio avvolge Siena. Un silenzio che David Rossi, capo dell’area comunicazione del Monte dei Paschi, si è portato dietro per sempre. Dieci giorni prima i militari della Guardia di Finanza avevano perquisito la sua abitazione e il suo ufficio a Rocca Salimbeni. Un "atto a sorpresa", avevano spiegato gli inquirenti. "Ma non è indagato", avevano più volte sottolineato. Eppure qualcosa si era rotto. "Perché? Mi sono sempre occupato di comunicazione. Che c’entro io con i derivati, l’acquisizione di Antonveneta", mi aveva ripetuto solo due giorni prima, lunedì 4 marzo 2013.

Arrivato giovanissimo nel mondo dell’informazione, aveva aperto una società di comunicazione (la Freelance) con due amici (David Taddei e Maurizio Bologni) e negli anni Novanta era sbarcato al Comune di Siena. Lì aveva conosciuto Giuseppe Mussari, suo coetaneo, che a quel tempo faceva l’avvocato del Comune. Un rapporto di amicizia profondo e di stima professionale. Per questo quando nel 2001 l’avvocato Mussari divenne presidente della Fondazione Monte dei Paschi lo chiamò a occuparsi della comunicazione di Palazzo Sansedoni. Laureato in lettere con una tesi in beni culturali, era un appassionato d’arte. Così aveva curato anche numerosi eventi per conto di Vernice, una delle società strumentali della Fondazione. Poi nel 2006 Mussari arriva alla guida di Rocca Salimbeni e ancora una volta porta con sé David Rossi.

Tanti i progetti realizzati nel corso di quegli anni. Curioso, appassionato di viaggi, di jogging, David era una persona brillante. Nel suo ufficio a Rocca Salimbeni aveva un grande quadro di un artista contemporaneo. "Mi affascinano questi colori", raccontava ogni volta che qualcuno andava a trovarlo. In quei due mesi di inizio 2013, da quando l’inchiesta su Mps aveva subìto un’accelerazione, lavorava a ritmo continuo. Poi quella perquisizione nel suo appartamento e in ufficio. "Vedrai che si risolverà tutto", gli avevo detto nel nostro ultimo incontro martedì 5 marzo intorno alle 14, quando percorremmo via Montanini, nel cuore di Siena, tra piazza Salimbeni sino all’angolo con via Garibaldi, e lo accompagnai a comprare due tramezzini. Era il suo pranzo. Doveva tornare a casa a fare un’iniezione alla moglie, Antonella, che in quei giorni era bloccata in casa. "Coraggio, torniamo a correre", gli dissi prima di proseguire per via di Camollia. Fu l’ultima volta che lo salutai. Ma non potevo saperlo.

Mercoledì 6 marzo provai a chiamarlo alle 20.17. Quella sera, per la prima volta dal 23 gennaio, in cui "esplose" in tutta la sua potenza la "bomba dei derivati" che avevano destabilizzato i bilanci del Monte dei Paschi con un’escalation di notizie, sequestri, perquisizioni e arresti, avevamo chiuso il giornale a un’ora decente. Così, prima di uscire dalla redazione, composi il numero di David sul Nokia aziendale. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei squilli che rimasero senza risposta. Volevo dirgli se l’indomani mattina saremmo andati a correre insieme come facevamo quasi ogni giorno prima, appunto, di quel mese e mezzo che aveva profondamente segnato le nostre vite professionali. Su fronti opposti. Io a cercare di avere sempre la "notizia", lui a contenere quel flusso ininterrotto di "sorprese negative" che era diventata Banca Monte dei Paschi. “Mi richiamerà”, pensai mentre dall’armadio a muro, dietro la mia scrivania, estraevo il piumino. E scesi le scale, pregustando il profumo dei pici cacio e pepe che il mio amico Lorenzo e sua figlia Marianna stavano per prepararmi nel loro ristorante che era diventata la mia "casa" negli anni della mia permanenza senese. Il tutto annaffiato da un calice di Cervaro della Sala.

Ma non appena chiusi il portone della redazione su Banchi di Sopra, prima intravidi l’ambulanza parcheggiata davanti alla libreria Feltrinelli, proprio all’angolo con via de’ Rossi e, pochi secondi dopo, incrociai lo sguardo del tenente colonnello Rosario Mortillaro, vicecomandante provinciale dei carabinieri. Una presenza che mi insospettì subito. Non era un operativo. Con gli occhi mi fece capire che dovevo seguirlo. Girammo per via de’ Rossi e, percorse alcune decine di metri, riconobbi sotto il borsalino, Valentino Fanti, il segretario del consiglio di amministrazione di Mps, e pochi metri dietro di lui la responsabile delle risorse umane della banca, Ilaria Dalla Riva. Valentino, lacrime agli occhi, mi disse solo due parole: "È David...".

Iniziò tutto così. Drammaticamente così. Allungai lo sguardo nel vicolo di Monte Pio, pochi istanti prima che i carabinieri del Norm, mettessero le fettuccine bianche e rosse per cinturare l’area. Poi appoggiai la testa al muro della casa all’angolo di via del Refe Nero. Avevo realizzato che quella sera David non mi avrebbe più richiamato. E, purtroppo, non solo quella sera, ma anche in tutti i giorni a seguire. Nonostante ciò non ho mai cancellato il suo numero dalla mia rubrica. Così, ancora oggi, ogni volta che cerco David o Rossi, nell’elenco mi appare il suo contatto. Ma cos’era successo?