Ucraina, dalle sfilate di moda al kalashnikov. "Pronta a sparare, difendo casa mia"

Maria Kozij faceva la modella a Milano e Parigi, ora combatte i russi: "Ci hanno rubato anche la storia"

Maria Kozij, 33 anni, si esercita in un centro di addestramento di Leopoli

Maria Kozij, 33 anni, si esercita in un centro di addestramento di Leopoli

LEOPOLI (Ucraina) - Dalla stanza accanto proviene solo un suono ferroso: clac! clac! clac! Una ragazza con un lungo cappotto scuro sta inserendo il caricatore nel suo kalashnikov, lo punta verso una sagoma e spara a vuoto. Poi ricomincia, seguendo la routine sotto gli occhi vigili del suo allenatore, un ex militare finlandese arrivato in Ucraina per aiutare la resistenza. In confronto a lei sparisce dalla scena. Sembra uscita da un film, ha lo sguardo duro e affilato come la canna del fucile che impugna. Torna reale quando lo abbassa e ammette: "Certo che però è pesante".

Maria Kozij, 33 anni, modella, creativa, attivista in tempo di pace. Dal 24 febbraio scorso partigiana. "Non chiamarmi così, non sono una partigiana, sono qui perché questa è casa mia. Ho il diritto di stare qui e di difendermi. Non ho mai combattuto in vita mia, sono una persona pacifica. Non mangio neppure cibo che sia stato ucciso. Qui nessuno vuole combattere, vogliamo solo essere liberi. Ma se qualcuno attacca me, la mia famiglia e i miei amici, sono pronta a difendermi".

Ricominciamo. Maria Kozij, 33 anni, idee chiare. Prima della guerra viveva il mondo sfilando sulle passerelle di Milano e Parigi ma la incontriamo in una scuola di Leopoli riconvertita a centro di addestramento per i cittadini che vogliono combattere, o almeno resistere.

"Sono arrivata qui per imparare a usare le armi e studiare il primo soccorso, ora sono una volontaria e coordino le operazioni assieme a un team internazionale", racconta Maria seduta a uno dei banchi che fino a un mese fa erano occupati da bambini delle elementari. Le aule sono rimaste intatte, sembra che stiano per rientrare dall’intervallo. Ci sono zaini e giocattoli sparsi in giro. Intanto nel corridoio passeggia gente armata.

"Bambini e donne incinte cosa hanno fatto per meritarsi tutto questo? Dai, sul serio. Non faccio che pensarci".

Maria ha una sorella di 20 anni che sta seguendo lo stesso corso con il kalashnikov, a detta dell’istruttore ha talento. "Sono rimasta in Ucraina per la mia famiglia e per la mia sorellina, ho paura che le succeda qualcosa. Ma anche perché sento di dover stare qui, per crescere in questo Paese e per far crescere il mio Paese. Perché qui ho la mia casa. E per difenderla sono pronta a prendere il kalashnikov. Però è per protezione, non dimenticarlo".

Proteggersi dai russi, da quelli che per secoli abbiamo creduto fossero i loro fratelli. "È una manipolazione della loro propaganda. Non siamo fratelli, perché tagli la gola a tuo fratello? Noi avevamo Kyiv prima dell’esistenza di Mosca. Mi dispiace ma è la verità. Ci hanno rubato anche la storia".

Il centro di addestramento offre anche l’occasione di imparare i rudimenti del primo soccorso, la gestione è quasi completamente affidata alle donne. "Non c’è un ruolo diverso tra i generi. Abbiamo uomini forti che possono proteggerci ma sappiamo difenderci benissimo anche da sole", continua Maria, che ha ricorda la prima notte di guerra.

"Nella mia famiglia speravamo non accadesse mai, ma in fondo ce lo aspettavamo. Quando abbiamo sentito la prima sirena antiaereo avevamo già un piano operativo. Nei giorni successivi ho accolto rifugiati dall’est. La prima è stata una ragazza di 25 anni che scappava da Sumy con un figlio di appena 4 mesi. È stata una notte dura. Ricordo che continuava a piangere. Per la prima volta nella mia vita ho cantato una canzone a un bambino per tranquillizzarlo". Maria si ferma un attimo, sembra cercare le parole ma in realtà parla un inglese perfetto. "Pensano di distruggere i palazzi, le auto, le cose. Stanno distruggendo le vite. Ma la verità è dalla nostra parte".