Giovedì 18 Aprile 2024

Dalla gloria in bici all’abisso: il ritorno di Riccò "Ero il maledetto del doping, ora vendo gelati"

Modena, a 37 anni la seconda vita dell’ex talento del ciclismo: ho pagato tutti i miei errori, ma c’è chi ha fatto peggio di me e l’ha fatta franca.

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di Angelo Costa

"Ho buttato via una carriera: come ciclista avevo buone gambe, purtroppo la testa era quella di uno stupidello, come si può essere a 23 anni". In bici, Riccardo Riccò non è stato uno come tanti: tre tappe vinte e un secondo posto al Giro, con l’etichetta pronta di nuovo Pantani. Ci sarebbero anche due tappe al Tour 2008, l’inizio della sua fine: da lì in poi, il Cobra di Formigine, come lo chiamavano i fans, si è infilato nel ginepraio del doping, rischiando anche di morire (dopo una reinfusione di sangue conservato nel frigo di casa) e incassando una squalifica di dodici anni che scadrà nel 2024, quando ne avrà quaranta.

Adesso che nella vita è uno come tanti, fa il gelataio: ha cominciato con successo a Tenerife, alle Canarie, e dopo cinque anni ha deciso di tornare nella sua terra d’origine, il Modenese, aprendo la stessa attività a Vignola, il paese della moglie Melissa, e con lo stesso nome, Chocoloco, ‘perché mi ha portato bene’".

Riccò, da talento bruciato del ciclismo a imprenditore di successo: cosa c’è in mezzo?

"Tutti gli errori che ho commesso: ho un po’ di rimpianti, ma la vita va avanti".

La sua è ricominciata a Tenerife: perché lì?

"Avevo bisogno di cambiare aria. Non per scappare: qui non riuscivo a trovare la mia dimensione".

Cosa cercava?

"Volevo far qualcosa di mio, non da dipendente. E non nel ciclismo, come vendere bici: non avrebbe funzionato, vista la fama che mi ero fatto".

Così va a Tenerife.

"Mi chiama un amico da là, mi dice che è un’isola che offre occasioni. Siamo in parola per aprire un’agenzia di scommesse, poi salta tutto. Allora mi viene in mente la promessa di un altro amico, Loris Marazzi, gelataio di Formigine: se trovi il posto giusto, ti insegno un mestiere. Trovato il locale, l’ho chiamato".

Dove ha studiato?

"Un mese in negozio da lui, tutte le mattine. Quando ha chiuso per ferie, gli ho pagato la vacanza e abbiamo finito il corso nella mia gelateria".

Ora l’ha venduta ed è tornato a casa: motivo?

"Mia moglie voleva star vicino alla famiglia, anch’io sentivo la necessità di avvicinarmi a casa. Per fortuna abbiamo fatto tutto prima del Covid, così abbiamo accelerato i tempi".

A Vignola ha aperto una gelateria per bambini: come le è venuta l’idea?

"Volevo qualcosa di diverso da quel che c’era già, con un ambiente particolare e gusti golosi per i più piccoli, oltre a un menu studiato per loro. Sembra funzionare".

La sua giornata tipo?

"Alle 9 comincio a fare il gelato, vado avanti fino alle 14 o alle 15. Poi torno a casa, mi riposo, porto a spasso i cani e alle 18 sono di nuovo in bottega fino alle 23".

C’era una volta Riccò, quello che in bici e giù dalla bici faceva lo sbruffoncello: ora c’è un altro Riccò, decisamente più maturo. Quando ha capito di aver svoltato?

"Uscendo dalla bolla del ciclismo ed entrando nel mondo del lavoro. Con l’età si cresce, si vedono gli errori, si tace quando è ora. E si ascoltano le persone importanti".

Nel caso specifico, sua moglie Melissa.

"Mi ha aiutato tanto, mi guida tuttora. Anche se non è facile, soprattutto sul lavoro, dove sono testardo almeno quanto lo ero in bici. Melissa è capace di farmi ragionare. Trovare la donna giusta che sa prenderti come sei e ti dice le cose nel modo adeguato è fondamentale".

Voltandosi indietro, cosa ha capito?

"Se avessi avuto la testa di oggi, chissà quanto avrei vinto. Me lo dico da solo, e lo dico anche agli amici. Poi ci rido su".

Colpa sua?

"Sono consapevole degli errori fatti, anche se molti col doping hanno fatto pure peggio e l’hanno fatta franca. Ma non sono di quelli che tirano in ballo gli altri: io ho sbagliato e pagato, punto".

Nella sua autobiografia ‘Cuore di Cobra’ ha raccontato di aver pensato al suicidio…

"Ho avuto momenti down, non capivo dove andare e cosa fare. Era come sentire due vocine: una diceva di piantar lì tutto, l’altra di non fare certi pensieri".

Di tante, la ‘Riccardata’ più grossa?

"Non saper tenere la bocca chiusa. Le cose che era meglio tenersi dentro io le raccontavo in mondovisione. Come dice il mio avvocato, ero un candelotto a miccia corta".

Le manca la bici?

"Mi manca la competizione, esser al centro dell’attenzione: a chi non farebbe piacere avere intorno i media e le tv?. Sarei ipocrita se dicessi che fare gelati mi piace più del ciclismo. Ma apprezzo anche questa mia nuova vita, più tranquilla, fatta di cose semplici".

Pedala ancora?

"Qualche giretto, con gli amici. Senza le gare non ho stimoli, lo spirito non è più quello di un tempo".

Si parlava di un suo ritorno alle gare a 40 anni…

"No, c’è un’età per tutto. Non è più il mio tempo, non mi alleno nè ho voglia di farlo, a 37 anni metti su un’altra testa".

Pensa di aver avuto una vita da film?

"Ho avuto momenti di grande gioia e di grande sconforto, ho imparato che bisogna far tesoro di tutto".

Le piacerebbe tornare nel ciclismo?

"Sarebbe bello vedere di nuovo una gara o andare in giro con i ragazzini: avrei da insegnare loro più cose di quanto si pensi, a cominciare dagli errori da evitare".

Se un bimbo le chiedesse chi è Riccò?

"Gli risponderei che era un ragazzo che a 23 anni aveva il mondo in mano e ha bruciato tutto perché non ascoltava le persone che avrebbe dovuto ascoltare. E che ora consiglia a tutti di tenersi al fianco le persone capaci e di seguirle".