Simone Arminio
Cronaca

Dal giaguaro al nascondismo. Le strategie flop

Il leader del PDS Achille Occhetto sottovalutò Silvio Berlusconi in diretta TV, prendendo una lezione. Ogni strategia sulla rappresentazione dell'avversario è una roulette russa: Veltroni non lo cita, Bersani lo prende poco sul serio, Schlein un mix tra Gauss e Guzzanti. Ogni leader prova una strategia diversa, ma nessuna è infallibile.

Arminio

Specchio riflesso: l’immagine che dai dell’avversario può ritorcersi contro di te. Lo intuì a sue spese Achille Occhetto in diretta tv. Era il 23 marzo 1994. Il leader del Pds, stretto nel suo completo marrone, sottovalutò il parvenu Silvio Berlusconi mostrandosi superiore, e così prese alle urne la più celebre delle tranvate del centrosinistra. Da allora ogni strategia sulla rappresentazione dell’avversario è una roulette russa. Non c’è analisi semiotica che tenga. Non valgono i memoriali dei predecessori. Vedi quello di Prodi, l’unico vincente, ma inimitabile per tempi, stile e modi. Così ogni leader riparte da zero. Nel buio della sua stanzetta, ascolta le strategie degli esperti con la serenità di chi cammina su un campo minato.

Le hanno provate tutte. Walter Veltroni scelse di non citarlo: Berlusconi uomo, coi suoi difetti, i suoi processi, i suoi proclami, doveva semplicemente cessare di esistere. Divenne ‘il nostro principale avversario’ o ‘il leader dello schieramento a noi avverso’. È la personificazione dell’assenza, dicevano i guru: non lo citi e lui appare in controluce, cupo, minaccioso, non gradito. E infatti vinse Berlusconi. Bersani, quando fu il suo turno, ribaltò la prospettiva: citarlo! Citarlo! Sì, ma come? Studiò prima il dossier Rutelli, che del Cavaliere parlava sempre con gravità e durezza, attaccandolo punto su punto e prefigurando sfaceli e perse pure lui. Dunque optò per il pane e salame. "Prendilo poco sul serio, perché tanto il re è nudo, non serve dire altro". Fu divertente. Metafore colorate, giaguari da smacchiare, bambole da pettinare. La creatività al potere... Ma non bastò a vincere. Leader che vai, strategia che trovi. Quella di Schlein pare un mix tra la legge di Gauss e il nascondismo di Guzzanti. In ossequio alla prima, Meloni esiste nei discorsi della dem come polo magnetico necessario a generare la ripulsa. Così la riconosce, si mette sul suo stesso piano, accetta la sfida. Poi però subentra il nascondismo. E allora dà forfait, ha un impegno, è altrove. Assicura che il confronto è solo rimandato: in Parlamento, alle urne, in tv. Ovunque ma non qui, non ora. Magari funziona. E in ogni caso perché non tentare? Le vie del signore, diceva Troisi, ormai sono finite.