Dal Canada all’isola Barbuda Ora l’ex impero sogna la repubblica

Prime grane per Carlo III. Aumentano le vecchie colonie pronte a rompere definitivamente con la corona

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dall’inviato

Luca Bolognini

Come nella mitica pubblicità dei rubinetti Zucchetti. Carlo III, non appena si saranno celebrati i funerali di Elisabetta, dovrà rimboccarsi le maniche per tenere unito il Commonwealth. L’idraulico del celebre spot correva da una parte all’altra di una stanza per fermare le fughe d’acqua. Il re dovrà invece precipitarsi ai quattro angoli del pianeta per bloccare i leader stranieri che vogliono sganciarsi definitivamente dalla Corona. Perché se i problemi con Scozia, Galles e Nord Irlanda sono noti, anche le periferie dell’ex impero britannico spingono per abbandonare la nave su cui sventola l’Union Jack.

Attualmente fanno parte del Commonwealth 56 nazioni. Il re del Regno Unito ne è il capo. È un’alleanza globale che può contare su 2,5 miliardi di cittadini, visto che numerose ex colonie come India e Pakistan ne fanno parte. Carlo, ed è questo il punto cruciale, è anche formalmente il capo di Stato di altre 13 nazioni inserite nel Commonwealth. Paesi come Australia, Canada e Nuova Zelanda riconoscono la sua autorità. Resta da capire ancora per quanto.

"La lealtà e il rispetto che molti governi hanno promesso a Elisabetta saranno messi a dura prova da un nuovo monarca che appare più politico e meno regale. Il motivo per cui così tanti Paesi hanno continuato ad accettare la regina come capo di Stato è che non volevano offenderla. Era un legame personale", spiega Elisabeth Braw, ricercatrice dell’American Enterprise Institute specializzata nel Regno Unito.L’Australia, che nel 1999 aveva bocciato il referendum per dire addio alla monarchia, ha già iniziato la transizione: il premier Anthony Albanese vuole assolutamente trasformare la nazione in una Repubblica. La Nuova Zelanda, per il momento, rimane fedele. Anche se la prima ministra Jacinda Ardern ha promesso che la Corona verrà prima o poi abbandonata e che succederà "prima della mia morte".

In Canada solo il 34% supporta Carlo come nuovo re. Le associazioni repubblicane per ora tacciono, ma intanto il volto del sovrano non sostituirà quello di Elisabetta II sulle banconote. di Stato. Il trend, d’altra parte, sembra segnato: le Barbados sono diventate una repubblica nel 2021 e il primo ministro giamaicano Andrew Holness aveva approfittato della vista di William e Kate pochi mesi fa proprio per annunciare che anche Kingston voleva l’indipendenza e che sperava che la coppia potesse aiutare il suo Paese ad avere "giustizia".

Anche Antigua e Barbuda, piccolo Stato caraibico che conta meno di 100mila abitanti, ha iniziato l’operazione ‘insabbiamento’. Il premier Gaston Browne ha annunciato che entro tre anni indirà un referendum per diventare una repubblica. Il secolare giogo dell’impero e il disumano sfruttamento degli schiavi sono ferite ancora aperte per buona parte di questi Stati. "E sono indissolubilmente legati alla monarchia. Per questo – ha scritto il celebre giornalista del Guardian Patrick Wintour – in questi Paesi ci si chiede che senso abbia continuare ad avere un re straniero". E Saint Vincent e Grenadine, 109mila abitanti, potrebbe presto rispondere a questa domanda, visto che il premier Ralph Gonsalves ha proposto in luglio un referendum per abbandonare la monarchia. Il capo di governo della Bahamas ha detto che il prossimo anno potrebbe essere quello giusto per lasciare la Corona, visto che ricorre il 50esimo anniversario dall’indipendenza. Anche Grenada sta valutando il da farsi.

Ma Carlo, almeno, potrà contare su un piccolo bastione di fedelissimi: Papua Nuova Guinea, le Isole Salomone e Tuvalu, Stati meno interessati dalla tratta degli schiavi, . Per il re-idraulico sono tre rubinetti in meno da sistemare.