I misteri di Laura Ziliani: dai vestiti al corpo sepolto

Viaggio a Temù. Il cadavere dell’ex vigilessa coperto da terriccio, addosso solo brandelli di vestaglia. L’ipotesi: stordita e trascinata lì

Laura Ziliani

Laura Ziliani

"Di sicuro c’è solo che è morto". Tommaso Besozzi inizia così a raccontare ai lettori dell’Europeo la storia della fine di Salvatore Giuliano. Nelle parole di un cronista di gran razza anche tutta l’attesa interrogativa che circonda la morte di Laura Ziliani. L’inchiesta vede iscritti nel registro degli indagati della procura di Brescia per omicidio volontario e occultamento di cadavere la maggiore delle tre figlie della Ziliani, Laura, 27 anni, e la più piccola, Paola, 19 anni, insieme con il fidanzato della prima. E c’è il resto della famiglia, quello che potrebbe ritrovarsi su un fronte contrapposto. La mamma di Laura, Marisa, la seconda figlia, Lucia, i due fratelli della donna morta, si sono affidati all’avvocato Piergiorgio Vittorini. "Il loro stato d’animo – dice il penalista bresciano – è quello di persone che intendono comprendere cosa sia accaduto".

Tutto quello che non torna nella ricostruzione

Una certezza. Il corpo saponificato ritrovato in riva all’Oglio è quello dell’ex vigilessa, la donna di 55 anni, appassionata di montagna e trekking, scomparsa l’8 maggio. Una delle tre figlie l’attendeva, sostiene, per le 10.20 nella casa di Temù per andare all’isola ecologica per gettare del materiale. Manca, è vero, il viatico genetico del dna, ma due particolari hanno reso certa l’identificazione: una deformazione sotto il piede sinistro provocata da una cisti e un paio di orecchini. I quesiti peritali chiedono risposte sulle cause della morte, il tempo di conservazione dei resti per avvicinarsi all’epoca del decesso, l’analisi degli organi interni, l’eventuale presenza di sostanze tossiche.

Viaggio nel mistero. L’abitazione di vicolo Ballardini, a Temù. Doppia uscita. Da quella sul retro si può entrare e uscire in auto. A soltanto una cinquantina di metri scorre, impetuoso, il torrente Fumeclo. Un ponte. Duecento metri più a valle, quasi all’intersezione con il fiume Oglio, è stata trovata la scarpa marca Salomon, con la tomaia bucata, riconosciuta da una delle figlie della Ziliani. Era il 25 maggio. Vicoli stretti. Spunta l’occhio di qualche telecamera, ma nessuna ha ripreso l’immagine di Laura che si incamminava verso gli amati monti. La strada per gli impianti di risalita. Il tratto di ciclovia dell’Oglio dove domenica scorsa un bambino, a passeggio con il padre, ha scorto il cadavere.

Fermo immagine. Il corpo, in stato di avanzata decomposizione, era coperto, come sudario, da un leggero velo di sabbia misto a terriccio e coperto soltanto dai brandelli di quelli che una volta erano una canotta e uno slip, forse una vestaglia. Nessun indumento adatto per la montagna. Al contrario, esce un quadro domestico, di abbandono al sonno, al riposo, quando tutte le difese si abbassano. Il resto è venuto dall’autopsia. La donna non aveva acqua nei polmoni. Non è annegata. Appare difficile che abbia galleggiato nell’Oglio perché non presentava il gonfiore di chi rimane a lungo in acqua.

Oppure. Dire "oppure" significa fare scaturire l’ipotesi di un corpo sommariamente sepolto in una tomba improvvisata, svelata dal fiume quando è rientrato nell’alveo dopo essere esondato. Un passo ancora. L’esame di Andrea Verzelletti, direttore della Medicina legale degli Spedali Riuniti di Brescia, e la tac hanno escluso fratture, fori di entrata o uscita, ferite da arma bianca, segni di strangolamento o strozzamento. Diventano decisivi gli esami tossicologici per verificare se Laura Ziliani sia stata narcotizzata, se non avvelenata. Così come gli accertamenti sull’ipotesi che possa essere stata soffocata.