Giovedì 18 Aprile 2024

Dai, fai la foto Niente sfugge al telefonino

Giorgio

Comaschi

Si estraggono cellulari dalle tasche con una velocità che farebbe impallidire un pistolero dell’Ok Corral. Con un’urgenza da duello. Per fotografare. Subito. Qualsiasi cosa, ma proprio qualsiasi. Un caco spiaccicato, un bruco, un sasso, un gatto che dorme, una buchetta delle lettere. Tutto. Siamo diventati fotografi, ma non fotografi di un soggetto particolare, di una cosa che ci colpisce. Fotografi di tutto. Estraiamo la colt e facciamo fuoco, come spaventati da qualcosa di terribile, vogliamo fermare l’attimo, immortalare il momento, perché non scappi. La domanda curiosa è quante volte andremo a rivedere quelle foto? In quale preziosa galleria metteremo quei panorami assurdi, brutti (belli alla vista ma insulsi in foto) e senza un soggetto? Quante volte andremo a rivedere poi il videino dei nostri piedi che camminano entrando in acqua? O la carrellata del mare da sinistra a destra, andando a finire in niente? In inverno, col freddo fuori, davanti al caminetto rivedremo questo? Ci piacerà? No, non rivedremo un bel niente. Milioni, forse miliardi di fotografie saranno state scattate, questa estate, dai cellulari. Con quel febbrile estrarre, digitare la modalità foto e clic. Brandendo il marchingegno come un metal detector, un acchiappa farfalle, una protesi rassicurante. Teic a picciar, teic a picciar (take a picture)! "Dai, fai la foto. Poi me la giri eh?". Questa è la frase che si sente di più. Ma cosa ti giro? Quella ciofeca di foto che ho fatto di un cespuglio o della famosa grotta azzurra che c’è da tutte le parti? Per poi postarla sul tuo social? Certo. Subito. Nelle storie di Instagram. Immagini di vita, pezzi di mondo, immagini impazzite come scattate da mosche che vanno di qua e di là col loro volo imprevedibile. Siamo partiti dalle foto di piatti e adesso ci siamo allargati sul "tutto". E ce le mostriamo subito queste foto. "Guarda qua!" (Una ciabatta abbandonata per strada). "Dai…me la mandi?".