Sabato 20 Aprile 2024

Da Salvini a Leu, ci sono già i mal di pancia

I partiti di maggioranza in fibrillazione. E mentre il Pd è alle prese con la rivolta delle donne, Fratoianni annuncia il no a Draghi

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di Elena G. Polidori

L’attesa è per il voto di fiducia alle Camere (mercoledì al Senato e giovedì a Montecitorio): Mario Draghi lavora all’agenda e al completamento della squadra (sottosegretari e vice ministri), ma il governo di unità nazionale ha provocato un’onda d’urto sulla politica ’commissariata’. E i partiti sono già in fibrillazione.

Con uno snodo delicato all’orizzonte, quello del voto sulla giustizia (si veda alla voce prescrizione) che potrebbe compromettere i numeri della maggioranza al Senato per colpa dei 5 Stelle, ma non solo.

Nel centrosinistra, il Pd è alle prese con la rivolta delle donne escluse dal governo e Matteo Renzi, invitato a nozze, uncina gli ex compagni di partito con una stilettata al veleno: "Non riescono a proferire una parola credibile sul tema femminile". LeU ieri si è spaccata in due come una mela, con Nicola Fratoianni (della componente Sinistra Italiana) per il no a Draghi, mentre Loredana De Petris è per il via libera.

Ma è nel centrodestra che le scelte di Draghi stanno avendo una ricaduta profonda sulla tenuta e sulla natura della coalizione. Giorgia Meloni conferma il suo no al governo, senza apparenti tentennamenti, mentre il segretario della Lega, Matteo Salvini, ieri ha subito aperto il fuoco contro l’esecutivo (di cui, però, fa parte) sul tema immigrazione.

"L’immigrazione clandestina va sconfitta – ha scandito Salvini da Lucia Annunziata su Raitre – penso che con Draghi su questo saremo in perfetta sintonia". Quindi ha indirizzato un siluro alla ministra Luciana Lamorgese, chiedendo "un cambio di passo nella lotta alla droga, alla mafia e nella gestione dell’immigrazione clandestina". "Io non voglio politiche sovraniste, ma solo applicare quello che fanno altri Paesi - rivendica il leader del Carroccio –. Draghi ha detto che i confini italiani sono confini europei, non era un mio capriccio. Penso che Draghi abbia l’autorevolezza per ottenere in Europa quello che Conte non è riuscito a ottenere".

E sempre chiamando in causa Draghi, Salvini ha anche mandato un altro avvertimento, stavolta a Walter Ricciardi, consigliere di Speranza, che ieri ha evocato la necessità di un nuovo lockdown generale: "Prima di parlare parli con Draghi", gli ha ricordato l’ex vice premier.

Ma la querelle di queste ore è nulla rispetto a quello che potrà scatenare, la prossima settimana, la riforma della giustizia civile (il tema meno divisivo e il più urgente nei programmi di Draghi) e di quella penale.

Quest’ultima sarà di scena, forse già mercoledì, a Montecitorio e si riproporrà un argomento che ha già prodotto contrasti, nell’era della gestione Bonafede, con la Lega e poi con Italia viva, oltre ad aver incrinato i rapporti col Pd: l’abolizione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.

Due partiti della ex opposizione, FI e Azione di Carlo Calenda, hanno proposto emendamenti al decreto Milleproroghe per abrogare quella riforma. Se dovessero mantenerli e votarli, si aprirebbe la prima crepa nella neonata maggioranza. Con i 5 Stelle che, in caso la loro legge venisse affossata, potrebbero essere tentati da un passo indietro clamoroso, addirittura quello del ritiro della delegazione dal governo.

E lo stesso schema potrebbe riproporsi con la discussione sulla riforma del Csm. Lì il termine per gli emendamenti è fissato all’8 marzo, e dunque la neo ministra della Giustizia, Marta Cartabia, avrà tempo per studiare una strategia, ma il rischio di scivolare sui numeri del Senato, dopo la prescrizione, sarà sempre più che concreto.