Cura Moratti al Pirellone La donna dei miracoli

Dopo il caos Gallera, la Lombardia è diventata una macchina da guerra dei vaccini. Ma la vicepresidente è osteggiata dai media. La sua colpa? Essere di centrodestra

di Massimo Donelli

Una signora. Una bella signora d’altri tempi. Elegante. Coraggiosa. Tenace. Mai – mai – sopra le righe. E con un curriculum scintillante. Presidente della Rai (1994-1996) per volontà di Silvio Berlusconi. Presidente e amministratore delegato di News Corp Europe per volontà di Rupert Murdoch (1998-1999). Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nominata da Giorgio Napolitano (2001-2006). Sindaco di Milano (2006-2011) per volere dei concittadini. Infine, chiamata d’urgenza in Regione Lombardia (2021) per fare il vicepresidente e mettere ordine nel caos post pandemia. E questo è solo un riassunto del riassunto della vita pubblica di Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, 71 anni, vedova del petroliere Gian Marco, due figli, co-fondatrice e nume tutelare di San Patrignano.

Ci sarebbero, poi, i titoli ricevuti qua e là nel mondo: Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, Legion d’honneur in Francia, Stella in oro e argento dell’Ordine del Sole Levante in Giappone… E, infine, ci sarebbero anche i meriti non riconosciuti. Perché, se l’Expo 2015 ha portato l’Italia al centro del mondo e se Milano non è mai stata così bella, come proclamarono, gonfiando il petto, l’allora premier Matteo Renzi e l’allora sindaco Giuliano Pisapia, bisogna ringraziare la nostra Lady di ferro in abiti di seta. È Letizia, infatti, che (fra accuse e risolini) si è battuta come una leonessa per l’Expo 2015. È Letizia che, privandosi del suo direttore generale in Comune, Giuseppe Sala, l’ha nominato commissario unico per far sì che la città giungesse puntuale al grande evento. È Letizia, infine, che (dileggiata da tutti) ha dato il là al rinascimento edilizio con i quartieri di City Life e Porta Nuova, capolavori di architettura e urbanistica. Ma nessuno che lo abbia ricordato allora e lo ricordi oggi.

A raccogliere i frutti sono stati altri: Pisapia, che nel 2009 firmava una petizione contro l’Expo 2015, è uscito di scena da trionfatore anche grazie a quei cinque mesi di Milano caput mundi; Renzi, allora alla guida di un partito che ha sempre osteggiato (e osteggia) la Moratti, ha voluto proprio Sala al posto di Pisapia. E, di nuovo, nessuno ha dato a Letizia ciò che è di Letizia.

Come mai tanta non riconoscenza? Mentre Milly Moratti, moglie di Massimo (ex presidente dell’Inter) e collocata politicamente a sinistra, ha sempre goduto di ottima stampa, Letizia ha pagato, sul piano mediatico e sociale, la parentesi di militanza politica berlusconiana (chiusa nel 2012 dopo il Rubygate, che, con il crollo di Forza Italia, le costò la rielezione), divenendo un bersaglio fisso per quella stessa gauche meneghina frequentata dalla cognata. L’hanno, letteralmente, odiata. Al punto che fu ricoperta d’insulti quando, nel 2006, sfilò al corteo del 25 aprile, assieme alla madre, Paola, spingendo la carrozzella su cui sedeva il padre, Paolo Brichetto Arnaboldi, partigiano e deportato a Dachau. Al punto che il ricordo del suo operato a Palazzo Marino è svanito. E oggi nessuno la elogia per aver rivoltato come un calzino la sanità lombarda: l’8 gennaio, questa ricchissima borghese, che nella vita avrebbe potuto dedicarsi solo a fiori e giardini come tante altre sciure del suo rango, ha accettato una volta di più di lavorare giorno e notte, ha fatto piazza pulita di incapaci e fannulloni, ha trasformato la Regione in una macchina da guerra per i vaccini. Una patriota, si sarebbe detto in altri tempi. Una bandiera per le donne, se chi si batte per un mondo più rosa non fosse pregiudizialmente ostile alle signore del centrodestra. Una che meriterebbe di diventare senatrice a vita, non vi pare?