Giovedì 18 Aprile 2024

Criticano Musk, lui li licenzia (e forse fa bene)

Massimo

Donelli

A SpaceX, la Nasa privata di Elon Musk, 50 anni, sudafricano, inventore di Tesla e aspirante padrone di Twitter, volano gli schiaffi. E piovono le lettere di licenziamento. Perché? Per via della tempesta perfetta scatenata da una miscela di moralismo e #MeToo. Vediamo. Un gruppo di dipendenti ha messo nero su bianco che Musk, dopo aver infangato l’azienda con uno scandalo sessuale tacitato al prezzo di 250mila dollari (proposte oscene alla massaggiatrice che lo stava trattando sull’aereo privato in volo per Londra), continua a danneggiarla con quotidiani tweet al vetriolo. E che il silenzio dei dirigenti di SpaceX sul numero uno va rubricato come complicità. Boom! Senza pensarci su nemmeno un minuto, Musk ha risposto alla lettera denigratoria con una lettera, multipla, di licenziamento per tutti i firmatari.

Giusto? Sbagliato? Qui la faccenda si complica. Nessuno, infatti, è ancora riuscito a risolvere il dilemma se ciò che scrive il singolo dipendente sui social può essere attribuibile o meno anche all’azienda per cui lavora. Ma Musk, comunque, non è un dipendente, è il boss… Quanto ai costumi sessuali, essi appartengono, interamente, alla vita privata. Almeno finché non si scivola nel territorio penale e diventano, giocoforza, pubblici. Neanche questo è il caso di Musk… Infine, può il proprietario di una società essere mediaticamente rimbrottato dai suoi dipendenti per i comportamenti che tiene fuori dal perimetro aziendale?

Personalmente ho sempre diffidato dei moralisti, spesso i peggiori tra gli umani. E nel caso specifico credo che Musk abbia il diritto, come tutti, di dire e fare ciò che vuole, almeno finché rispetta le leggi. Aggiungo: se il boss non ti piace, cambi lavoro. Perché non si può stare in Paradiso a dispetto dei santi. Né bisogna mai dimenticare che le parole sono pietre. E spesso, come boomerang, tornano indietro per colpire chi le ha scagliate (appunto…).