Crisi di governo: trattativa in extremis, alla fine salta tutto Oggi il Colle decide

Il premier era salito ieri al Quirinale per un colloquio e aveva ricevuto lo stop all’ipotesi di cercare una maggioranza in aula. Consiglio dei ministri serale, Conte gelido: "Avevo offerto un patto di legislatura, si sono dimessi. Hanno seminato la strada di mine"

Il premier Giuseppe Conte e il presidente Sergio Mattarella

Il premier Giuseppe Conte e il presidente Sergio Mattarella

Le ministre renziane danno le dimissioni e Conte le accetta. Il primo atto formale della crisi è compiuto: ma il resto del copione è tutto da scrivere. Perché Renzi – che in conferenza stampa non risparmia nulla al premier – dice che Iv "voterà lo scostamento di bilancio, le misure anti Covid e, qualunque sarà il governo, saremo dalla sua parte sul decreto ristori".

La crisi di governo spiegata in 5 punti

La crisi in tempo reale

Non solo: avverte che non c’è nessuna "preclusione" nei confronti del premier, ma "non è l’unico nome" in campo per Palazzo Chigi. Certo, se vuole proporre un nuovo patto di governo deve farlo nelle sede proprie: "In Parlamento non dalla strada". Perché è da via del Corso, che Conte aveva lanciato il suo appello un paio d’ore prima: "Sono pronto a un tavolo di legislatura, il governo va avanti solo con tutta la maggioranza. Serve solidità, non voti presi qua e là".

Un messaggio molto diverso da quello bellicoso "mai più con Iv se ora lascia il governo". Gli è costato parecchio: di fronte alla mossa di Matteo, a sera si sfoga: "Ha rifiutato la mia proposta. Accetto le dimissioni, ma non si può sminuire la gravità dell’atto. Non mi sono mai sottratto al confronto, ma è difficile quando il campo è minato". Una disponibilità "solo a parole" secondo i renziani. Il cambio di linea si spiega con il martellamento a cui l’aveva sottoposto in mattinata il Pd bocciando la strategia dello scontro duro: Zingaretti l’esortava a riprendere il dialogo. Più esplicito, il capo dei senatori, Marcucci: "Non servono i responsabili ma una maggioranza con Iv".

Solo l’antipasto: il colpo veramente duro è arrivato quando il premier – non per la prima volta in questi giorni – all’ora di pranzo si è recato al Quirinale per consultarsi con il capo dello Stato. E sul Colle si è sentito esortare a "uscire velocemente da questa situazione di incertezza", e almeno nella versione ufficiale Mattarella si è fermato qui. In realtà sarebbe andato ben oltre chiarendo a Conte che non intende mandare il paese ad elezioni anticipate, e che tre maggioranze diverse in rapida successione non sarebbero tollerabili. In altre parole, si scordasse i responsabili e riaprisse le trattative con Renzi. E’ una strada molto stretta perché l’obiettivo del capo di Iv è proprio quello di costringerlo alle dimissioni subito oppure dopo la proposta in aula del patto di legislatura per poi impedirgli il rientro a palazzo Chigi. Il resto della maggioranza appare confuso.

La posizione di Leu è determinata: "Aprire la crisi danneggia l’Italia", dicono De Petris e Fornaro. Molto più diviso il Pd. "Chi attacca Conte attacca l’intero governo", dice Franceschini, ma nel partito convivono posizioni opposte. C’è chi vorrebbe tagliare i ponti con Iv ma c’è anche chi avvicina i governisti di M5s vagheggiando un esecutivo con una parte del Movimento, una parte di FI e senza Conte premier.

I più smarriti sono i cinquestelle per il veto del Colle ma anche per la doccia gelata che gli getta addosso il fondatore Grillo che, in mattinata, propone un governo di unità nazionale. "Un patto tra tutti i partiti, costruttori per l’Italia". Poi – probabilmente su richiesta – corregge il tiro: naturalmente a presiedere questo governo deve essere Conte.

Ma il messaggio è chiaro: una bocciatura della linea dello scontro frontale che il premier e il suo staff erano decisi a seguire. In realtà tutti aspettano la decisione di Conte che ha tre possibilità ora: rimettere il mandato subito dopo lo scostamento di bilancio e il dl ristori; proporre, come chiede Renzi, in aula il patto di legislatura con il fortissimo rischio di sentirsi rispondere che per parlarne occorrono le sue dimissioni. Oppure sfidando i veti del Colle, quelli del Pd e un pallottoliere che non gli garantisce nulla, tentare l’azzardo di uno scontro all’ultimo voto.