Crisi di Governo, contro-offerta di Renzi: "Conte ter o Aula"

Italia viva continua a chiedere le dimissioni del premier. Domani il cdm, poi le ministre Bellanova e Bonetti lasciano

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Matteo Renzi si diverte come un matto. Prima ripete, a Repubblica, quello che ormai è diventato un suo ‘classico’ ("il governo è immobile. Conte cerca i voti di Forza Italia? Auguri. Ci si vede in Parlamento"), poi fa uscire i "trenta punti" sulle "questioni politiche aperte" spedite a Bettini (tradotto: io non parlo col finto Re Conte, parlo con il suo Richelieu) con timbro 6 gennaio e rimasti privi di risposta. Ma dietro le quinte freme e un po’ preoccupato lo è. Sabato notte ha riunito, per quattro ore, via Zoom, l’assemblea dei parlamentari di Iv (18 senatori e 30 deputati) sia per rassicurarli ("non ci saranno le elezioni anticipate", "non farò un governo con Salvini", "siamo sempre più forti e centrali, col 2% lo comandiamo noi il gioco") sia per tastare il terreno di senatori (Vono, Conzatti, Comincini, Marini i quattro ‘sotto osservazione’) che, non essendo altrettanti cuor di leone, erano in odore di ’operazione Responsabili’. La risposta è stata "compatti come una falange macedone, Matteo, e ai tuoi ordini", come dice orgoglioso uno di loro. "Conte è amico di Trump, un pericolo per la democrazia. Dobbiamo fermarlo", avrebbe addirittura detto un altro, costringendo lo stesso Renzi a moderare i toni aspri.

Conte sul Recovery plan: "Dobbiamo correre"

Morale, dopo le parole ribadite ieri anche da Ettore Rosato ("è Conte che sta staccando la spina al governo, non noi"), la crisi di governo è alle porte, come Annibale negli incubi peggiori degli antichi romani. Si materializzerà domani nel corso di un Consiglio dei ministri non ancora convocato formalmente. Le due ministre renziane, Bellanova e Bonetti, si dimetteranno – subito dopo il Cdm, magari approvandone persino le misure – e la crisi sarà aperta almeno nei fatti: se diventerà formale o resterà informale lo deciderà il premier, quando salirà al Colle, di concerto con Mattarella.

Alle viste, ormai, ci sono solo due possibilità: un Conte ter tutto nuovo o un altro governo guidato da qualcun altro. Da un esponente del Pd (Andrea Orlando, ieri intervistato da La Stampa, apriva di fatto a un tale scenario) oppure da Draghi per un governissimo con (quasi) tutti dentro, Lega compresa. Tramontate, invece, le altre ipotesi: tutto resta com’è; rimpastino veloce e indolore del Conte due; ‘governicchio’ di Conte con i (troppo pochi) Responsabili.

Altro discorso sarebbe un fatto politico nuovo, come si dice al Colle, e cioè l’ingresso a pieno titolo di Forza Italia o di un gruppo parimenti importante dentro la maggioranza (tutta l’area Carfagna, per dire), ma a oggi è fantascienza. I ‘carfagnei’ smentiscono decisi, secchi, come già avevano fatto i totiani, disponibili sono a un governo di salvezza nazionale (che, peraltro, è pronto a fare anche Berlusconi) e – come dicono i renziani – "un Brunetta non fa primavera". E anche l’ipotesi (fino all’altro ieri sostenuta e difesa, oltre che da Conte, dal Pd, pur se vedeva l’M5s assai ostile) del ‘rimpastone’ (girano in ogni caso ancora in modo vorticoso i nomi di Rosato, Orlando, Delrio ecc. come new entry), ma restando nella cornice del Conte bis, sembra già tramontata.

Solo un dubbio pervade ancora il campo renziano: "Conte e il Nazareno – dice uno di loro – vogliono farci passare per affamatori del popolo italiano che impediscono al governo di votare lo scostamento di bilancio (il prossimo sarà di 24 miliardi, fa sapere il Mef, ndr), il dl Ristori, i nuovi Dpcm, ma anche un Recovery plan a noi gradito (l’ultima bozza, la sesta, verrà consegnata oggi da Gualtieri ai partiti, fa sapere il Mef, ndr)". "Ecco perché – come spiegava ieri mattina la renziana Raffaella Paita a Omnibus su La 7 – noi quegli atti li voteremo, in Parlamento. Siamo gente seria, noi".