Covid, Remuzzi: "Raffica di contagi. Ormai in Lombardia è immunità di gregge"

Il farmacologo: impressiona il divario tra Nord e Sud

Il professor Giuseppe Remuzzi

Il professor Giuseppe Remuzzi

Professor Remuzzi, che cosa dicono gli ultimi numeri diffusi dal ministero e dall’Istat?

"Sostanzialmente confermano un divario tra Nord e Sud – risponde Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano – ribadiscono che la circolazione del virus ha preso strade diverse".

Il bollettino di oggi 5 agosto

Sotto Roma, una percentuale bassissima di infezioni. C’era bisogno di chiudere l’intero Paese?

"Le precauzioni hanno senso, anche se dobbiamo parlare di tre epidemie con espressioni molto diverse. Quel che è successo in Lombardia è diverso da quello che abbiamo visto in Liguria, Piemonte Emilia Romagna, Marche, Veneto. Una terza modalità di espressione dell’epidemia è quella che ha riguardato il resto d’Italia".

Ci sono regioni più brave di altre nel distanziamento?

"Sì e no. Una considerazione che ho condiviso con l’illustre epidemiologo Donato Greco è che nella diffusione hanno giocato fattori quali l’urbanizzazione, gli scambi, la densità abitativa e altre cose che ignoriamo. Oggi il New York Times riconosce all’Italia il merito di aver affrontato e debellato una calamità".

In Lombardia una eventuale seconda ondata potrebbe avere un impatto meno pesante?

"In Lombardia, in certe aree come a Bergamo, siamo abbastanza vicini a quella che potremmo definire immunità di gregge per il Coronavirus, lo ha rimarcato persino Robert Gallo dagli Usa. Qui non è solo questione di anticorpi, ma anche di difese legate alle cellule con memoria, linfociti T. Sta per uscire un articolo su Nature che illustra proprio le interazioni genetiche e ambientali".

I dati statistici del ministero sono esaurienti?

"Di informazioni ne abbiamo tante, ma dipende. Sappiamo che il numero dei contagi oscilla a seconda di quanti tamponi fai, quindi è un dato che ha scarso valore anche se riceve grande enfasi. Nei tamponi c’è poco Rna virale, tanto è vero che non infetta le cellule in cultura, quindi non basta dire che un tampone è debolmente positivo. Sappiamo che i ricoverati in terapia intensiva calano, che in Lombardia di malati nuovi in ospedale non ne arrivano, non ci sono più i malati di prima".

Dobbiamo temere infezioni di ritorno legate ai viaggi, agli spostamenti?

"Devono preoccupare le persone in arrivo dai Balcani o dal Brasile. I migranti poi dovrebbero certamente essere sottoposti al tampone e stare in quarantena, se positivi. Il pericolo in Italia viene da fuori, da quello che ci circonda. All’interno le cose vanno bene, ma dobbiamo stare attenti".