Covid, l’uomo che previde il picco a novembre: "Piano trasporti o ci sarà terza ondata"

"A gennaio avremo solo 70mila casi attivi. Ma servono misure per garantire la riapertura delle scuole: più autobus e lezioni al pomeriggio"

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Adesso l’incubo da esorcizzare sul fronte Covid si chiama terza ondata. Lo sa bene il governo alle prese con la stesura del dpcm Natale e i nodi gordiani da sciogliere, dagli spostamenti interregionali alla stretta eventuale sul numero dei commensali al cenone, fino alla messa da celebrarsi senza fare le ore piccole. Il problema di una recrudescenza dei contagi non sfugge neanche al professor Roberto Battiston, docente di Fisica sperimentale all’Università di Trento, per il quale comunque una terza fase della pandemia "è evitabile ". A detta dell’ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana, che con una decina di giorni d’anticipo ha previsto correttamente il raggiungimento del picco dei positivi della seconda ondata (il 2627 novembre), "tutto dipenderà dalla capacità del Paese di farsi trovare preparato al momento della possibile riapertura delle scuole il 7 gennaio, quando probabilmente l’indice Rt sarà sceso ampiamente sotto l’1 e gli infetti attivi potrebbero essere meno di 70mila".

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Occhi puntati sui trasporti pubblici e ingressi scaglionati in aula, professore?

"Sì, anche perché ci tengo a precisare che il discrimine non si gioca necessariamente in aula. La scuola ha fatto uno sforzo enorme per garantire il distanziamento sociale fra gli studenti, pur se raccomanderei l’obbligo d’indossare la mascherina durante le lezioni. Il virus probabilmente colpisce soprattutto fuori dagli istituti ed è lì che dobbiamo arginare la sua trasmissione. Va ridotta la capienza degli autobus, bisogna implementare le corse differenziate e favorire le lezioni pomeridiane, al limite domenicali".

Tutto questo ha dei costi non indifferenti, lo sa, vero?

"Spetta ai decisori studiare in questo mese e mezzo gli interventi idonei e assicurare che siano attuati. Quello che occorre evitare è di perdere tempo, così come avvenuto prima di settembre. Alla fine di quel mese, dopo i contraccolpi della ripresa della movida a ferragosto, l’Rt era sceso a 1,15 e avevamo circa 50mila positivi. Un numero alto, ma ancora gestibile. Con la riapertura delle scuole si sono rimesse in moto, ogni giorno, contatti tra più di 30 milioni di persone, il sistema Paese purtroppo si è fatto trovare impreparato e in due-tre settimane l’indice è schizzato oltre 1,40".

Il resto è una seconda ondata che al picco ha fatto registrare più di 800mila casi attivi.

"Attenzione, questo è un numero consistente, che fa impressione, ma quella in corso non è un’onda molto più travolgente della prima. Le intensità dei ricoveri sono confrontabili, solo che in questi mesi si è fatto un grande lavoro di tracciamento, identificando moltissimi più asintomatici e paucisintomatici. Nel corso della prima ondata abbiamo avuto circa 237mila casi, ma sapevamo che il numero reale degli infetti era sei volte tanto, oggi possiamo dire che il sommerso sia assai minore".

Adesso a che punto siamo della pandemia?

"A livello nazionale la curva dei contagi ha iniziato la sua discesa. La situazione, però, differisce da regione a regione. Se Lombardia, Piemonte e Toscana hanno già raggiunto il picco, altre regioni arriveranno al culmine più tardi. L’Emilia Romagna entro il 10 dicembre, ma Friuli e Sicilia solo a ridosso delle festività, a causa delle oscillazioni dell’indice Rt, che in altre regioni decresce in maniera più decisa. Poi vi sono territori come l’Umbria, la Calabria e la Val d’Aosta sui quali non è possibile avventurarsi in previsioni visto che l’impatto della pandemia in quelle aree è stato molto significativo e non siamo ancora sicuri che i dati siano affidabili".

Insomma, meglio non allargare le maglie delle restrizioni sotto l’Albero?

"La prudenza deve farla da padrone. Attorno a fine dicembre sarà molto importante verificare il livello di Rt nel Paese. Un innalzamento consistente di Rt, dovuto ai movimenti della settimana di Natale, potrebbe farci arrivare a ridosso del 7 gennaio con ancora 300-400mila positivi attivi, invece che con meno di 70mila. In tale caso si tratterebbe di un numero troppo alto per consentire una riapertura delle scuole in sicurezza: dobbiamo a tutti i costi evitare di trovarci in questa situazione"

Covid in Italia, il bollettino di oggi 30 novembre

 

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