Covid, l'infettivologo: "Gli anticorpi avvicinano l'immunità diffusa"

Il professor Mastroianni: "Plausibile che il Covid fosse in Italia già nell’autunno 2019. Le zone flagellate a primavera ora sono più protette"

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"L’immunità diffusa rallenta la circolazione del virus, e non è facile da definire. Si manifesta dopo che larghi strati di popolazione sono stati esposti a un agente infettivo. Non è un traguardo che ottieni nell’immediato. Di certo dopo ogni ondata, sia pure con il suo strascico di lutti e sofferenze, ci difendiamo meglio". Parliamo di Covid-19 con Claudio Mastroianni, vicepresidente della Società italiana malattie infettive (Simit) nonché docente alla Sapienza, Università di Roma, Policlinico Umberto I.

Il bollettino Covid del 17 novembre

Professor Mastroianni, l’ultimo studio dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano indica che il nuovo Coronavirus circolava ben prima di febbraio. Quindi molte più persone di quanto si riteneva si sono immunizzate naturalmente?

"L’ipotesi che il Sars-Cov-2 potesse circolare nell’autunno dell’anno scorso è plausibile, legata al fatto che sono stati trovati anticorpi in campioni di siero che erano stati raccolti e conservati per altri scopi. Già a fine dicembre c’erano state segnalazioni di polmoniti severe, chiaramente il virus circolava in maniera massiva due o tre mesi prima del picco invernale. Prima di tirare le conclusioni bisognerebbe sapere se questi anticorpi hanno anche capacità neutralizzante. In linea di principio, anche chi è stato esposto ad altri Coronavirus, come quelli del raffreddore, può sviluppare una memoria anticorpale utile per affrontare meglio future aggressioni".

Questo spiega perché alcuni si ammalano e altri no?

"La trasmissione dell’infezione e lo sviluppo della malattia dipendono da una miriade di fattori, la carica virale, la capacità infettante, la variabilità individuale, un meccanismo molto complesso".

In quali termini potremo parlare di immunità diffusa, e in cosa differisce dalla tanto agognata immunità di gregge?

"L’immunità diffusa può avere un ruolo protettivo. L’immunità di gregge è una risposta stabile che si instaura con vaccinazioni su larga scala. Quando avremo a disposizione il vaccino si genererà una risposta condotta anche da cellule killer, linfociti, macrofagi, che insieme agli anticorpi potranno proteggerci dalle infezioni e rallentare in sinergia la circolazione del virus".

In che tempi si raggiunge l’immunità diffusa?

"Non posso sbilanciarmi".

Ma dove l’epidemia ha battuto più forte, Bergamo ad esempio, si vede che la collettività viene ora risparmiata.

"Chiaramente in certe zone c’è meno pressione, probabilmente non si stanno reinfettando, hanno sviluppato un certo livello di protezione e sono più prudenti".

All’epoca dell’epidemia di Spagnola, che fu come un’altra guerra, i focolai si estinsero da soli o perché la popolazione aveva sviluppato le difese?

"Furono due i fattori determinanti: misure di sanità pubblica, immunità diffusa. La storia ci insegna che abbiamo un sistema immunitario in grado di controllare qualsiasi infezione, chiaramente aiutato da altri fattori quali l’igiene e la prevenzione".

Ricercatori dell’Istituto superiore di sanità hanno dimostrato la persistenza degli anticorpi che bloccano la proteina spike. Gianni Rezza, direttore della Prevenzione del ministero, dice che la presenza di anticorpi neutralizzanti apre scenari positivi sull’efficacia dei vaccini in arrivo.

"Esattamente così. Proprio oggi hanno annunciato un altro vaccino che pare funzionare al 94 per cento, sarebbe un risultato notevole. Come sempre occorre essere cauti, attendere che i dati clinici si traducano in risultati sul campo. Ma la prospettiva lascia ben sperare".

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