ArchiveCovid: in Italia è mancata la barriera dei medici di famiglia

Covid: in Italia è mancata la barriera dei medici di famiglia

Molti in prima linea, ma il piano tamponi negli ambulatori è fallito e i vaccini sono in ritardo. "All’estero fanno filtro e salvano gli ospedali"

Medici di base (foto d'archivio)

Medici di base (foto d'archivio)

Roma, 6 marzo 2021 - Ci sono stati e ci sono medici di famiglia che combattono ogni giorno il virus da febbraio dello scorso anno senza sosta, anche a costo della vita. Ma gli eroi della sanità territoriale sono pochi e spesso, quei pochi, con pochi mezzi per fronteggiare il nemico del secolo. La maggioranza, come raccontano testimonianze di cittadini e famiglie, ma anche indagini realizzate sul campo, si è chiusa negli studi, senza accettare più visite (meno che mai a domicilio), se non al massimo previo appuntamento, e garantendo solo consulti telefonici, quando si è riusciti a trovare la linea libera.

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Si è rivelato, del resto, un autentico flop anche il piano tamponi negli studi dei medici di base, frutto di un accordo nazionale e di intese regionali: l’operazione, all’inizio al centro di mille polemiche e resistenze della categoria sul versante della tutela della sicurezza, è stata attuata a macchia di leopardo, ma con un bilancio fatto di numeri minimi rispetto al numero dei tamponi effettuati ai drive in, nei laboratori privati e nelle stesse farmacie. Eppure, gli accordi prevedevano anche il pagamento di un surplus per ogni prestazione, anche nel caso in cui fosse garantita durante il normale orario di studio.

Ora, si spera che non accada la stessa cosa per il nuovo piano vaccini da realizzare anche e, forse, soprattutto, proprio attraverso la rete dei medici di famiglia. Il Decreto Sostegni prevede addirittura 350 milioni di euro per sostenere e finanziare l’impegno dei sanitari per immunizzare 28 milioni di persone: in ballo anche qui un rimborso per ogni iniezione in studio (al minimo 6,12 euro). Eppure, a due settimane dall’intesa nazionale voluta dal ministro della Salute, Roberto Speranza, con tutte le organizzazioni della medicina generale, solo la metà delle Regioni (ieri anche le Marche, con la previsione di vaccinazioni anche a casa) ha siglato gli accordi di dettaglio. E, dunque, siamo solo all’inizio di una mobilitazione che, però, se non dovesse funzionare, come è accaduto per i tamponi, comporterebbe conseguenze disastrose per la riuscita della campagna vaccinale. Il nodo (ma anche la crisi) di tutta la medicina territoriale in Italia, del resto, ruota attorno proprio al ruolo e alla funzione dei medici di famiglia, così come regolati dalla convenzione che disciplina il loro rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale. Il protocollo collettivo stabilisce un orario minimo di 5 ore settimanali per chi non supera i 500 pazienti, 10 ore per chi è tra 500 e mille, 15 ore tra i mille e i 1.500. Una recente indagine, realizzata su un campione rappresentativo di 200 studi di otto grandi città, ha dato risultati che lasciano aperto più di un interrogativo. L’orario medio di apertura è di sole 14 ore settimanali: eppure, ciascun medico risulta avere in media circa 1.300 assistiti.

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Si comprende bene come anche in condizioni normali riuscire a trovare lo slot per una visita sia un’impresa che richiede tanta attesa. In periodo di Coronavirus, manco a parlarne. Così come anche in passato (e a maggiore ragione oggi) sono una vera chimera le visite a domicilio. Certo è che le 15 ore di impegno sono ben remunerate: con 1.500 assistiti il compenso garantito arriva a 7.895 euro lordi mensili, con i quali pagare anche le spese dello studio. Gli effetti dell’orario di visita dei medici di base, d’altra parte, si vedono nel sovraccarico dei pronto soccorsi: tanto più da febbraio scorso con l’esplodere del Coronavirus.

Ma non dappertutto è come da noi. "All’estero – ha spiegato Marco Geddes, vice presidente in passato del Consiglio superiore di sanità – lavorano in equipe e fanno tutta una serie di accertamenti di primo livello, come elettrocardiogrammi e ecografie ed è grazie a questo filtro della medicina del territorio che in Germania il Covid ha mietuto molte meno vittime".