Covid, lo studio: un guarito su 5 torna positivo dopo poche settimane

Lo ricerca del Policlinico Gemelli IRCCS e Università Cattolica potrebbe aiutare a risolvere il dilemma della contagiosità di chi ha ricadute. "Le reinfezioni sono rare"

Tamponi: analisi in laboratorio (Pressphoto)

Tamponi: analisi in laboratorio (Pressphoto)

Roma, 12 novembre 2020 - Un paziente su 5 guariti da Coronavirus si ripositivizza dopo poche settimane, nonostante il tampone molecolare negativo. Sono i numeri che emergono dall'osservazione realizzata in collaborazione tra Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Università Cattolica, campus di Roma, e pubblicata come research letter su JAMA Internal Medicine di questa settimana.

Lo studio evidenzia come, a distanza variabile di tempo, alcuni pazienti guariti possono risultare nuovamente infetti pur in assenza di qualunque tipo di sintomo. I recidivi possono essere nuovamente contagiosi? “Al momento non è dato sapere se questi pazienti rischiano ancora di trasmettere la malattia e se vadano dunque di nuovo quarantenati, perchè il test molecolare non consente di appurare se nel campione prelevato dal naso-faringe dei pazienti sia presente virus vitale e, di conseguenza trasmissibile", spiega il professor Maurizio Sanguinetti, ordinario di Microbiologia all'Università Cattolica e Direttore del Dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS.

A determinare che il virus sia attivo e potenzialmente contagioso è la rivelazione dell'indicatore cosiddetto RNA replicativo virale, ma saranno necessari ulteriori studi per stabilire se i pazienti in cui è rilevato possano effettivamente trasmettere il virus.

Lo studio è stato effettuato su 176 pazienti guariti dal Covid-19 e seguiti da aprile a giugno presso il Day Hospital post-Covid della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, coordinato dal professor Francesco Landi. La guarigione era stata precedentemente valutata sulla base dei seguenti criteri: assenza di febbre per 3 giorni consecutivi, miglioramento degli altri sintomi, 2 tamponi molecolari negativi a distanza di 24 ore uno dall'altro. Durante il monitoraggio dei pazienti, effettuato a distanza di 50 giorni della diagnosi, i tamponi sono stati analizzati per la presenza di due tipi di RNA, quello replicativo e quello totale.

"La presenza di RNA replicativo nei campioni - prosegue il professor Sanguinetti - è stata utilizzata come indicatore di replicazione virale in atto. Nei pazienti risultati positivi per RNA totale, sono stati di nuovo analizzati i campioni ottenuti al tempo della diagnosi di Covid-19 (che erano stati conservati a -112 F ), andando a ricercare la presenza di RNA replicativo. Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti a test sierologico per le IgG/IgA specifiche del virus".

Tra i 176 pazienti guariti, 32 (quasi 1 su 5) sono risultati positivi per l'RNA totale di SARS CoV-2, seppure a livello variabile. Solo uno di questi, tuttavia, è risultato positivo anche per l'RNA replicativo di SARS CoV-2. Ovvero, quell'indicatore che determina l'attività del virus e che, infatti, è stato rilevato al momento della diagnosi a tutti gli altri pazienti. 

Tutti i soggetti risultati nuovamente positivi (con un'unica eccezione) e tutti gli altri pazienti negativi al tampone di controllo presentavano un test sierologico positivo al follow-up. L'unico paziente risultato positivo sia per RNA totale che replicativo è diventato positivo a distanza di 16 giorni dalla guarigione; si tratta di un soggetto anziano con ipertensione, diabete e malattia cardiovascolare, che presentava al follow up una sintomatologia compatibile con COVID-19.

"Questi dati fanno sospettare che per questo paziente si tratti di una reinfezione o recidiva di infezione mentre per i restanti 31 pazienti (tutti asintomatici) risultati positivi solo per RNA totale, è più probabile che si tratti di una eliminazione di frammenti di RNA virale, a seguito di risoluzione dell'infezione", commenta il professore.

La ricerca dell'RNA replicativo, quindi, potrebbe aiutare a risolvere il dilemma sulla reale contagiosità di quei soggetti che tornano ad essere positivi al Covid dopo essere stati dichiarati guariti. "Questo studio conferma l'utilità di eseguire un accurato follow up dei pazienti guariti da Covid-19 e rafforza il concetto che le reinfezioni nei pazienti guariti da Covid-19 sono rare”, tranquillizza Sanguinetti.