Giovedì 25 Aprile 2024

Covid: dilagano le maxi risse tra ragazzi. "Basta quarantena, prendiamo le mazze"

Moda dei ragazzi di buona famiglia. Il tam tam sui social. A Varese pendolari con le spranghe, ad Ancona i carabinieri evitano il peggio

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L’Italia si ritrova sempre più a fare i conti con risse tra ragazzini. Frustrazione da pandemia, mancanza di figure di riferimento in famiglia, scuola a distanza, l’assenza dello sport. Ma anche l’iperconnessione e, tavolta, droga e alcol. Sono tante le micce che accendono ragazzi sempre più giovani, spesso minorenni. Soprattutto ora che sono venuti a meno i momenti di aggregazione e il forzato isolamento allarga il disagio. Un focus nel recente report della polizia sui reati commessi dai minori on line cita "le baby gang virtuali che organizzano pestaggi sui social e poi diffondono il video e i fight club, cioè l’uso delle app per promuovere risse a cui partecipano decine di ragazzi con tanto di spettatori".

Bollettino Covid del 10 gennaio

Le scazzottate tra giovani non sono una novità, ma oggi i dati sono allarmanti: secondo l’Osservatorio nazionale adolescenza il 30% dei ragazzi ha partecipato a una rissa, il 6,5% degli under 18 fa o ha fatto parte di una banda giovanile: questa degenerazione è indicativa di un cambio radicale di mentalità.

Dalla maxi rissa con 400 baby bulli al Pincio di Roma alla baraonda di Rialto che ha scosso Venezia, fino alle recenti botte del Varesotto: 100 minorenni si sono dati appuntamento in chat coi bastoni e mazze a Gallarate e in centro, tra le automobili, hanno cominciato a picchiarsi. Modena, ha raccontato al nostro giornale un testimone, l’altra notte "sembrava Caracas". Con i residenti e i negozianti esasperati: "Il centro è ostaggio delle bande, si affrontano a bottigliate, non ne possiamo più". Pochi giorni fa il teatro è stato Centocelle dove è spuntata pure una pistola, poi San Benedetto del Tronto, alla vigilia di Natale nel centro di Ercolano (Napoli). Ieri ad Ancona i carabinieri hanno sventato il peggio: 30 ragazzi si erano dati appuntamento in centro per ’regolare i conti’, ma i messaggi sui social sono stati intercettati.

La sostanza comunque è la stessa: ragazzini, spesso bambini, di buona famiglia, italiani, che sfogano violenza e frustrazione in pubblico dopo aver fissato l’ora del duello attraverso il web. Il copione è il seguente: la lite tra due o più persone sulle chat (Instagram, TikTok, Telegram, Twitch), il formarsi delle fazioni e il fatidico appuntamento dal vivo. Il tutto adoperando strumenti non accessibili a tutti, come le stories private dei social che si cancellano dopo 24 ore. Per la logistica (ora e modalità) si fa riferimento a Tellonym, app di messaggistica istantanea anonima dove gli utenti possono mandare coperti dell’anonimato messaggi ad altri utenti. In poco tempo l’app tedesca si è fatta strada tra i social, raggiungendo in un anno 700mila utenti registrati, per una fascia d’età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Insomma, i ragazzi per sfidarsi hanno adottato le modalità degli organizzatori dei rave party illegali oppure strategie comunicative tipiche degli spacciatori.

"Gli adolescenti che in gruppo mettono in atto comportamenti anti sociali e trasgressivi ci sono sempre stati, anche se sono influenzati dalla pandemia, soprattutto in questa seconda fase dove il sentimento di coesione è minore e vi sono più frustrazione e rabbia per una situazione della quale ancora non si intravede la fine", spiega Massimo Cozza, psichiatra e direttore del dipartimento di Salute mentale Asl Roma 2.

"L’adolescenza è spesso associata alla trasgressione, e le regole anti Covid sono una ottima occasione di trasgressione", aggiunge Cozza. Secondo i dati Eurostat siamo il Paese europeo con la più alta percentuale di giovani ‘Neet’ (Not in education, employment or training) che non studiano, non lavorano e non seguono nessun percorso di formazione: un italiano su quattro tra i 15 e i 29 anni.

"In gruppo c’è una diminuzione della responsabilità individuale e un sentimento di condivisione con un proprio simile, che può mancare in famiglia", conclude lo psichiatra. Nell’era digitale quello che cambia è la velocità di diffusione del desiderio di sfida: "Per alcuni comportamenti può accadere che le comunicazioni sui social inneschino un effetto di contagio sociale", analizza Michela Gatta, referente del gruppo di lavoro e ricerca di Neuropsichiatria infantile di Padova.