Covid: "A metà luglio morti quasi azzerati. E il Coronavirus sarà come l’influenza"

L’analista dell’Ispi: grazie ai vaccini anche in Italia calano i decessi, ma a gennaio abbiamo sbagliato strategia

La curva dei decessi per milione di abitanti

La curva dei decessi per milione di abitanti

Roma, 5 maggio 2021 - "Entro metà luglio anche l’Italia abbatterà la letalità del virus del 90%". Per Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, il nostro Paese è ancora indietro rispetto a Stati Uniti, Israele o Regno Unito, ma la strada è quella giusta. "Anche da noi si sta verificando un crollo dei decessi. Otto dosi su dieci di vaccino vanno agli over 60, ed entro la fine di giugno dovremmo arrivare a proteggere tutte le persone più esposte al rischio di morte. Il Covid diventerà pericoloso come l’influenza stagionale".

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Se avessimo protetto fin da subito i più anziani, questo momento sarebbe potuto arrivare prima?

"A gennaio abbiamo sbagliato strategia. Abbiamo accelerato sui sanitari, anche se era importante, ma lasciato indietro i più fragili in assoluto. Abbiamo perso quasi un mese e mezzo di tempo. Se avessimo operato diversamente, avremmo evitato 13mila decessi, invece dei 7mila che abbiamo stimato. Ora però stiamo andando davvero bene, stiamo usando le dosi che abbiamo al meglio possibile".

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Per Sileri entro la fine del mese ci saranno 15-20 decessi al giorno. È realistico?

"Me ne aspetto attorno ai 50. Con le riaperture, a differenza di Germania e Regno Unito, siamo partiti un po’ in anticipo, senza aspettare che la circolazione del virus fosse bassa".

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Anche i ricoveri caleranno?

"Entro metà luglio la possibilità di finire in rianimazione dovrebbe scendere del 75%, mentre quella di finire in ospedale del 65%. Questo significa che a luglio, se il virus dovesse rimettersi per qualche motivo a circolare come in ottobre, invece di 4mila persone ricoverate in terapia intensiva ne potremmo avere solo mille, con molta meno pressione sugli ospedali".

La settimana scorsa abbiamo toccato l’obiettivo-traguardo del mezzo milione di dosi di vaccino iniettate al giorno. Ma poi i numeri sono subito calati. Secondo i suoi calcoli, quando arriveremo a regime?

"Dopo la metà di maggio. Oggi siamo attorno alle 410-420 mila dosi. In ogni caso quello del mezzo milione di dosi è un simbolo. La campagna vaccinale, che è stata salvata da Pfizer, visto che le consegne di AstraZeneca latitano, va bene anche con queste cifre. All’inizio avevamo stimato un crollo della letalità per la fine di giugno, ma abbiamo scoperto che i vaccini proteggono dalla morte non nel 99% dei casi, ma nell’85%. Per questo abbiamo dovuto rivedere le stime. Le mancate consegne c’entrano fino a un certo punto".

A proposito, quante dosi in meno abbiamo ricevuto?

"Nel primo trimestre, dovevano arrivarne 28 milioni. Ne sono entrate 14 milioni. Nel secondo trimestre avrebbero dovuto essere 56 milioni, ma secondo le nostre stime saranno 40 milioni".

Con questo ritmo quando raggiungeremo la cosiddetta immunità di gregge?

"Dopo settembre, ma è un falso obiettivo. Nel resto del mondo giovane, il Covid continuerà a circolare. In Africa metà della popolazione ha meno di 19 anni. Non riceveranno alcun vaccino e continueranno a spuntare nuove varianti. Nei Paesi ricchi, l’obiettivo sarà quello di salvaguardare con i richiami le persone più fragili, come succede per l’influenza stagionale".

Lei ha parlato di varianti, l’Italia sta facendo un buon lavoro per tenerle sotto controllo?

"No, purtroppo. C’è un report che viene pubblicato a cadenza mensile o anche più. Questo significa che, a differenza del Regno Unito che su questo aspetto fa un lavoro meticoloso, ci accorgiamo della presenza delle varianti solo quando sono già arrivate. Per fortuna, avendo i vaccini, non è un aspetto troppo grave".

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