Giovedì 18 Aprile 2024

Un rifugiato vale 35 euro al giorno. Il grande business del no profit

I costi effettivi sono più contenuti. Il Viminale: al via le ispezioni

Alcune migranti soccorse in mare e medicate (Lapresse)

Alcune migranti soccorse in mare e medicate (Lapresse)

Roma, 16 maggio 2017 - I mille rivoli alla fine diventano un fiume dalla portata poderosa. Secondo il Documento di Economia e Finanza nel 2017 per i migranti l’Italia spenderà 4,7 miliardi di euro, 3,5 per la sola accoglienza che assorbirà il 68,8 per cento del budget complessivo. Una cifra colossale che risveglia gli appetiti delle organizzazioni criminali. Il ministro dell’Interno Marco Minniti il 7 marzo scorso ha firmato un decreto che definisce un nuovo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al finanziamento delle strutture che ospitano i rifugiati. Il titolare del Viminale in questi giorni ha annunciato l’avvio di un piano di ispezioni che prevede 2.130 controlli, compresi quelli attivati in via d’urgenza. Al ministero è stato acceso anche un faro sulle verifiche.   È un Osservatorio permanente per il monitoraggio delle strutture che riferirà al ministro. Finora la materia era regolata, si fa per dire, dalle tre paginette del decreto ministeriale numero 233 del 2 gennaio 1996 (era l’epoca degli sbarchi degli albanesi) che non prevedevano nulla in materia di bandi e di rendicontazione delle spese. Così è nato il sistema di assistenza che Salvatore Buzzi, numero uno della ‘Cooperativa 29 giugno’ e imputato di primo piano al processo ‘Mafia Capitale’, descriveva con queste compiaciute parole: «Tu c’hai idea di quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende di meno».   Diversi organi di informazione si sono presi la briga di fare due calcoli. Lo Stato versa a chi offre accoglienza 35 euro al giorno per migrante e, una sola volta, una ricarica telefonica da 15 euro. Tre pasti al giorno costano 12 euro. A questi se ne debbono aggiungere 2,5 di pocket money per le piccole spese personali e altrettanti per scarpe e vestiti. Sei euro al giorno coprono le spese per l’acqua, per la luce e per il gas e 2 quelle per «l’igiene personale». La somma finale è pari a 27 euro, 8 in meno rispetto al budget di 35, 240 euro di ‘guadagno’ mensile per ogni rifugiato. Togliendo le spese per il personale, che guadagna in media circa mille euro netti al mese (1800 lordi), ne restano comunque 4. Se l’assistito è un minorenne non accompagnato, il rimborso statale arriva a 45 euro giornalieri. Senza contare le possibili minori uscite per gli aiuti che arrivano dalla Caritas, per lo più vestiti, il cibo fornito dal Banco Alimentare e le spese dirette collettive per i pasti che consentono un risparmio rispetto al costo delle mense.    Secondo una persona che ha lavorato per 25 anni nel settore (alla Caritas e in una cooperativa), grazie ai doni è possibile risparmiare 10 euro al giorno. L’uomo sostiene che «i maggiori guadagni li mettono a segno gli albergatori», racconta che la sua cooperativa è passata da 4 a 20 dipendenti e assolve la Caritas. «Spesso – spiega – ospita le persone nei suoi edifici, ma prima li mette a norma e quindi spende denaro per i lavori. Non solo. L’organizzazione cattolica investe per formare i volontari e anticipa soldi che lo Stato sgancia in ritardo». Al sistema Sprar hanno aderito in 400, fra Comuni ed enti pubblici. Nel 2016 il record di incassi è toccato a Roma, 28.497.513 euro. La spesa più alta per abitante, 2.982 euro, è stata quella di Collegiove, 213 residenti in provincia di Rieti.