Giovedì 18 Aprile 2024

Cospito, l’analista dei servizi segreti: "Lui è abile, lo Stato non ceda"

Alfredo Mantici, ora docente: "Serve agire per salvare il detenuto, e al tempo stesso non farsi ricattare". Il 41 bis? Deve essere migliorato. Ma per i reati di mafia impedire ai boss di comunicare all’esterno è cruciale"

Roma, 5 febbraio 2023 - "Non è interesse dello Stato trasformare Alfredo Cospito nel Bobby Sands del sovversivismo italiano". Alfredo Mantici, analista di intelligence, ex capo divisione del controspionaggio nel Sisde (ora Aisi), poi direttore della Scuola addestramento dei nostri servizi, esperto di terrorismo e bioterrorismo, ora docente di scienze politiche alla Unint di Roma, cita il 27enne nordirlandese leader dell’Ira, morto nel 1981 nel carcere di Maze, dopo 66 giorni di sciopero della fame per protesta contro le condizioni detentive. Un richiamo storico che apre scenari estremi.

Cospito: le condizioni fisiche non sono "allarmanti"

Professore, il caso Cospito domina l’agenda politica. Con quali conseguenze? "Quelle sotto gli occhi di tutti. Con un salto narrativo impressionante, in sole due settimane l’opinione pubblica è passata dalla soddisfazione per l’arresto di Matteo Messina Denaro, ai sospetti sulla latitanza e sulla cattura del boss gravemente malato, all’apparizione della variante Cospito e alla messa in discussione del 41 bis che i mafiosi considerano il totem da abbattere. Un capolavoro della democrazia istantanea che non sa vedere oltre le successive 24 ore".

Alfredo Mantici, ex capo del Sisde
Alfredo Mantici, ex capo del Sisde

Per responsabilità o sottovalutazione di chi? "Cospito è stato molto abile a mettersi in gioco. Non è mai facile affrontare uno sciopero della fame. Una protesta così forte è certamente legittima se condotta per motivi personali, di contrasto a un regime carcerario ritenuto sproporzionato e ingiusto. Ma nel momento in cui la protesta diventa politica e abbraccia il principale strumento di contrasto alle comunicazioni esterne dei boss in carcere, allora lo Stato – al di là di ogni dinamica parlamentare, di ogni precedente avventatezza o errore dei suoi rappresentanti – non può cedere a ricatti. E deve salvare la vita al detenuto".

La volontà di Cospito è chiara: né alimentazione forzata né idratazione. "Lo Stato non può essere complice di un suicidio: meglio un Tso che un morto e un martire".

Ma fior di costituzionalisti segnalano, in punta di diritto, che Cospito ha piena potestà decisionale. "Non sono un uomo di legge ma, in un caso simile, sono convinto possa aprirsi lo spazio giuridico per un trattamento sanitario obbligatorio".

Offrendo altra benzina all’incendio anarco-insurrezionalista? "Questo è un altro tema. Lasciamolo da parte, per un attimo. Di certo, per uscire dal vicolo cieco in cui il Paese si è cacciato, non si può lasciare l’iniziativa a Cospito o al suo avvocato. Lo Stato deve scegliere e agire".

Da analista quali scenari valuta? "Un capitolo è Cospito, uno il 41 bis (e la mafia), un altro ancora la galassia anarco insurrezionalista. I tre temi devono essere gestiti separatamente".

Cospito? "Auspico una pronta interruzione dello sciopero della fame. Altrimenti vedo solo un Tso".

E il 41 bis? "La richiesta fatta all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di mitigare documentati aspetti del regime di carcere duro e dell’ergastolo ostativo – secondo la Cedu "inumani e degradanti" – assicura la straordinaria occasione di agire su impulso europeo per costruire la migliore mediazione possibile tra una legislazione antimafia motivata dai fatti e la funzione riabilitativa della pena".

Come? "Sul piano giuridico il 41 bis rimane e quindi l’Italia non lo sconfessa. Sul piano tecnico, anche attraverso un protocollo attuativo, lo Stato rinuncia invece a tutte le misure afflittive che esulano dall’obiettivo – sempre attuale e necessario – di impedire la comunicazione con l’esterno di mafiosi e terroristi".

Ad esempio? "Le pare che non poter appendere in camera le foto dei propri cari cambi il destino di chi ha lunghe o lunghissime condanne? Decisivo è soltanto impedire a boss o terroristi di dare ordini all’esterno, non di avere il telecomando o guardare la tv".

E la vampata anarco-insurrezionalista? "Può diventare pericolosa, perché pulviscolare e spontaneista. Cospito, tanto per tornare a lui, gambizza l’Ad di Ansaldo Energia, Roberto Adinolfi, perché il nome di Adinolfi è l’unico che sta in una pubblicazione contro il nucleare del collettivo anarchico di Rovereto. Non c’è una catena di comando, ognuno agisce per conto proprio in piccoli gruppi legati da affinità familiari o amicali. Questa è l’insidia maggiore. L’area anarchica va continuamente monitorata e mai sottovalutata. Anche per le forti connessioni con Grecia, Francia e Spagna".

Tempesta in vista? "In ogni democrazia esiste e sempre esisterà una quota fisiologica del 10-15% del Paese pronta ad opporsi alla narrazione mainstream, quale essa sia. Ne abbiamo avuto una plastica riprova durante il Covid con l’esplosione dei movimenti No vax. Ma una democrazia matura sa sempre trovare le forme per convivere con le più varie forme di dissenso lavorando per prevenire fenomeni di violenza o terrorismo".

Con quali strumenti? "Serve maggior capacità di analisi per capire i megatrend affrontandoli per tempo senza farsi sorprendere dagli agguati della cronaca. Legiferare sull’onda delle emozioni difficilmente garantisce risultati all’altezza".