Milano, 6 marzo 2023 - Alfredo Cospito è stato nuovamente trasferito dal carcere in ospedale. La decisione è stata presa su indicazione dei medici del centro clinico del penitenziario di Opera, dove l'anarchico sta scontando la pena in regime di carcere duro. Dallo scorso 20 ottobre, Cospito è in sciopero della fame, intrapreso per protestare proprio contro l'istituzione del 41 bis. Le condizioni: possibile acidosi Dunque Cospito si trova ora nel reparto di medicina penitenziaria dell'ospedale San Paolo di Milano. Dopo che la Cassazione ha rigettato la richiesta di revoca del carcere duro, lo scorso 24 febbraio, l'uomo aveva sospeso di nuovo gli integratori che avevano portato a un miglioramento delle sue condizioni cliniche tale da indurre i medici a dare l'ok - il 27 febbraio - per il ritorno in carcere dopo un primo ricovero durato due settimane sempre al San Paolo. Il ricovero sarebbe stato deciso "a scopo precauzionale". Cospito sarebbe lucido e non avrebbe avuto malori. Fonti parlano di un possibile inizio di acidosi (un aumento di acidi nel sangue) di origine metabolica. Sotto osservazione i livelli del sodio e del potassio che sarebbero in rapida risalita, una novità rispetto al consueto quadro clinico, e poco spiegabile in regime di digiuno. Oltre ai liquidi, acqua e tè, Cospito, starebbe assumendo due cucchiai di zucchero e un cucchiaino di sale al giorno. Avrebbe perso un altro chilo, sarebbe sceso a 70, una soglia "al limite" per un uomo della sua altezza. Cospito resta comunque in regime di 41bis, anche se, a quanto si apprende, sarebbe stato collocato in una stanza diversa rispetto a quella in cui era stato ricoverato in precedenza. Lo sciopero "fino alla morte" Cospito, condannato a 10 anni e 8 mesi nel 2014 per la gambizzazione di Roberto Adinolfi e all'ergastolo ostativo per l'attentato del 2006 contro la scuola allievi carabinieri di Fossano, si è sempre dimostrato risoluto nella sua intenzione di portare avanti lo sciopero, anche fino alle estreme conseguenze. "Morirò presto", aveva detto dopo la decisione della Suprema Corte. Ma "spero che qualcuno dopo di me continuerà la lotta". Nel frattempo i suoi avvocati perseguono l'ultima via legale possibile, il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'Uomo.