Cosa sono i Neet

Not in Education, Employment or Training

Roma, 19 febbraio 2015 - Chi sono i Neet?  "Not in Education, Employment or Training", i giovani che non sono iscritti a scuola o all'università, che non lavorano e non lo cercano, non seguono corsi di formazione o aggiornamento, o eseguono lavori domestici. 

Chi ha perso il treno dell'istruzione e non trova occupazione stabile, e non la cerca nemmeno. L'acronimo inglese, utilizzato in economia e in sociologia del lavoro Neet è riportato per la prima volta nel luglio 1999 in un report della Social Exclusion Unit del governo del Regno Unito, come termine di classificazione per una fascia di popolazione. 

In seguito, l'utilizzo del termine si è diffuso in altri contesti nazionali, a volte con lievi modifiche della fascia di riferimento. In Italia, l'utilizzo di neet come indicatore statistico, si riferisce, in particolare, alla fascia d'età compresa tra i 15 e i 29 anni.

Secondo l'Istat in Italia, nel 2009, i neet erano circa 2 milioni, il 21%. Il Messico, secondo l'Ocse nel 2012, è il Paese con la peggior performance, ma l'Italia è seconda.

Nel Bel Paese la fascia d'età che sembra soffrire di più è tra i 25 e i 30 anni, con una percentuale del 28,8% della polpolazione totale. 

Ma dove sono e cosa fanno? Molte sono donne che vivono al sud, almeno il 56,5%, con un livello d'istruzione basso, licenza media o diploma superiore.   Quasi tutte non cercano più un impiego: se il 57,7% dei neet italiani è inattivo, per le donne la percentuale cresce. Al sud la situazione è amplificata nelle zone che vestono la maglia nera come Napoli, Catania, Brindisi e Palermo. In Campania quasi l'80% non entra nel mercato del lavoro.

Ma non solo sud, il problema è strutturale e lo dimostra chiaramente la situazione del Trentino Alto Adige dove gli 'inattivi' sono il 60% contro chi si cerca un lavoro, il 35%.

La trappola: il giovane che lascia lo studio e cerca lavoro entra in un limbo pericoloso fatto di difficoltà strutturali e sistemiche del mercato del lavoro italiano che aumentano il problema. 

Il rischio: è che questi giovani si trasformino col tempo in disoccupazione strutturale e con conseguenze sul sistema pensionistico.