Venerdì 19 Aprile 2024

Così la sinistra ha tradito le femministe

Marina

Terragni

Fa effetto sentir parlare di femminismo alla Camera: deputati di destra e di sinistra lo nominano più volte discutendo la legge contro l’omotransfobia. Il fatto è che stavolta il femminismo non sta dove ci si aspetterebbe di trovarlo, a sostegno della legge e senza riserve. L’opposizione di molte associazioni (Udi, Se Non Ora Quando, RadFem, ArciLesbica altre) al testo di legge Zan è la variabile imprevista che spariglia schieramenti già messi alla prova da questioni di coscienza oltre che dalla trasversalità della cosiddetta "lobby Lgbt".

La destra giubila per la convergenza inattesa, la maggioranza accusa il colpo ma non apre al confronto: per la sinistra le donne sono ormai un target elettorale "vecchio" e di scarso appeal, niente a che vedere con la favolosità arcobaleno.

A partire dalle ambiguità sull’utero in affitto, da anni il "dirittismo" di sinistra è nel mirino delle donne. Ma mentre altre sinistre, come Psoe e Podemos in Spagna, fanno proprie le ragioni del femminismo, in Italia si svicola. Ed eccoci al redde rationem.

Cosa non va nella legge Zan? Oltre all’impianto ideologico e ai rischi per il libero pensiero (molte femministe sono già segnalate in black list), si respinge il concetto cardine di "identità di genere": giuridicamente impreciso e pericoloso per le donne a cui è ormai precluso nominarsi tali (si deve dire "mestruatori", o "persone con il buco davanti") per non escludere chi pure essendo pene-munito si identifica come donna.

Il caso Rowling o la lettera delle 300 atlete americane che non vogliono più competere con transwomen muscolarmente invincibili dimostrano che c’è poco da ridere.

C’è poi l’inserimento in corner nella legge della lotta alla misoginia: "Finta concessione alle donne", è scritto nel comunicato delle femministe "per stemperarne e contenerne le obiezioni. Ma le donne sono la maggior parte dell’umanità, non una delle minoranze del mondo Lgbtq+".