Venerdì 19 Aprile 2024

Così la politica si è consegnata ai giudici

La scelta di Pd, M5S e renziani di autorizzare il processo certifica la propria debolezza ed è miope: alla fine a vincere è l’antipolitica

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di Pierfrancesco

De Robertis

Ieri si sono svolti due funerali. Uno nei dintorni di Londra, a un vecchio centenario passato alla storia più per quello che non ha fatto piuttosto che per quello che ha fatto. Uno a Palermo, a un qualcosa di ancora più vecchio e molto più importante. Il principio della separazione dei poteri, elaborato nel Settecento da un giurista francese, Charles Luois de Montesquieu, avversato dalle menti più oscurantiste dell’epoca e messo all’Indice dai gesuiti.

L’azione dei pm e dei giudici palermitani contro Matteo Salvini per la vicenda Open arms ci riporta a quell’epoca. Il processo contro Salvini che si terrà a settembre è il primo nella storia della repubblica in cui finisce alla sbarra un ministro per un atto compiuto non nell’esercizio delle sue funzioni, ma per l’esercizio delle sue funzioni. I giudici l’hanno pensata in maniera diversa e hanno deciso che il leader della Lega dovrà essere giudicato da un tribunale.

Il punto però non sono i giudici, pm o gip che siano. Sulle toghe ne abbiamo sentite di ogni tipo e ci fermiamo alle conversazioni captate in cui due giudici di primo livello (non questi di Palermo) spiegavano che "Salvini va fermato in tutte le maniere". Il punto è la politica, non solo quella che decide di usare la giustizia per regolare conti che non riesce a regolare alle urne, quanto la politica che si consegna alla giustizia. E in questo caso politica equivale a sinistra, Pd, grillini e purtroppo anche renziani che contrariamente alla aspirazione garantista votarono sì all’autorizzazione a procedere contro Salvini (fecero lo stesso anche per la Gregoretti).

La decisione di Pd, grillini, Iv e Leu contro Salvini ha segnato uno dei punti più bassi della crisi della politica e della sinistra in particolare. Concedendo ai giudici l’onere di provare le proprie ragioni contro le idee del proprio avversario, la sinistra ha confessato la propria impotenza e certificato la propria debolezza. La sinistra ancora una volta dopo il ’92 non è riuscita a resistere alla tentazione di eliminare un avversario politico senza passare per le urne, non ricordando mai la lezione: dopo la morte della politica non viene una nuova politica, ma l’antipolitica, come appunto capitò nel ’92 con Di Pietro e il giustizialismo manettaro, e nel 2011 quando eliminato Berlusconi con Ruby e le olgettine arrivò il vaffa dei grillini. Aver perso l’occasione di rivendicare la propria autonomia dalla magistratura ha significato in qualche modo essersi consegnati non alla giustizia, quello lo siamo tutti, ma ai giudici.

Le ultime inchieste sul finanziamento alla politica, anche per contributi regolarmente registrati, dimostrano quanto la politica si trovi sempre sotto scacco. Se ne lamenta non a torto Renzi per le inchieste su elargizioni regolarmente contabilizzate alla sua Open, se ne lamentano in questi giorni sempre in Toscana altri esponenti della sinistra, tipo l’ex presidente Enrico Rossi, per finanziamenti legittimi e contabilizzati. Tutti esponenti di partiti che al momento di votare per il processo a Salvini hanno messo la testa della politica nel ceppo sul quale un pm, un pm indefinito, prima o poi si sentirà libero di calare a suo piacimento la propria mannaia.