Corte dell’Aja all’attacco Mandato d’arresto per Putin "Migliaia di bimbi deportati" Il Cremlino: è carta igienica

L’accusa della procura internazionale: presidente russo colpevole di crimini contro l’umanità. Kiev esulta: "Passo storico, è l’inizio della fine per voi". L’inchiesta sui rapimenti nel Donbass

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di Marta

Ottaviani

Da ieri il presidente russo, Vladimir Putin, è ufficialmente accusato di crimini di guerra. La Corte Internazionale de L’Aja ha spiccato un mandato di cattura internazionale contro il capo di Stato per la deportazione e il trasferimento illegale di popolazione dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia.

Il provvedimento, in particolare, fa riferimento all’allontanamento di centinaia di bambini dalle loro famiglie. Con lui è stata sottoposta allo stesso provvedimento anche Maria Alekseyevna Lvova-Belova, la Commissaria russa per i diritti dei bambini, e nota per la sua attività sui social, con la quale da mesi descrive gli sforzi del governo di Mosca per strappare i bambini ucraini dagli orrori della guerra per darli in affido a famiglie russe, anche se i loro genitori li hanno ancora.

Kiev esulta e parla di passo storico. Mikhaylo Podolyak, il consigliere del presidente Zelensky, ha scritto su Twitter: "Il mondo è cambiato. La Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per lo stratega Putin. È un chiaro segnale per le élite russe di ciò che accadrà loro e perché non sarà come prima. È l’inizio della fine della Federazione russa nella sua forma attuale sulla scena mondiale. È una chiara procedura legale". La reazione russa non si è fatta attendere, da quella più istituzionale a quella più sprezzante, anche questa volta proveniente dall’ex presidente russo Dmitrij Medvedev, che ha paragonato il mandato della Corte penale internazionale alla carta igienica. Sempre su Twitter, l’ex braccio destro di Putin ha scritto: "La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto contro Vladimir Putin. Non c’è bisogno di spiegare dove dovrebbe essere usato questo documento". E, a seguito, l’emoticon dell’indispensabile oggetto alla toilette.

Laconica, ai limiti del sarcastico la presidente Lvova-Belova, che ha semplicemente detto "continuiamo a lavorare". Il portavoce del presidente Putin, Dmitrij Peskov, ha spiegato che per la Russia non ha alcun valore legale. "La Russia, come un certo numero di Stati, non riconosce la giurisdizione di questo tribunale, quindi, dal punto di vista del diritto, le decisioni di questo tribunale sono nulle". Un concetto, questo, ribadito anche dalla portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zacharova.

Le nazioni che non riconoscono le decisioni de L’Aja sono 32. Fra queste ci sono alcuni pesi massimi come Stati Uniti – che tuttavia, dopo la decisione della Corte, ci tengono a sottolineare che sostengono "la responsabilità per gli autori di crimini di guerra" –, Cina e Israele. La decisione della Corte, dunque, rischia di rimanere un atto simbolico, seppure di grande impatto e che arriva a pochi giorni dalla visita in Russia del presidente cinese, Xi Jinping. Ma soprattutto è il riconoscimento internazionale di quello che l’Ucraina denuncia da mesi, ossia che la Russia si è appropriata di centinata di minori, provenienti soprattutto dal Donbass e dalla città di Mariupol, che sono stati smistati in tutto il Paese, spesso a migliaia di chilometri dalle loro famiglie d’origine. Un crimine che risponde anche a una necessità demografica.

La Russia è un Paese vecchio, dove si fanno sempre meno figli e ha bisogno assoluto di nuovi nati. Meglio se dello stesso gruppo etnico e linguistico. Un orrore che il Cremlino ha fatto passare come atto umanitario davanti alla popolazione. L’ultima volta, in ordine temporale è stato lo scorso 24 febbraio, in occasione della manifestazione allo stadio Luzhniki di Mosca, quando sul palco hanno fatto salite “i bambini di Mariupol“. Strappati alle loro famiglie e che, come centinaia di altri, verranno russificati a forza.