Coronavirus. "Medici in fuga e territori sguarniti: cittadini lasciati indifesi"

La Corte dei conti certifica il Tallone d'Achille della sanità: la debolezza delle strutture territoriali, con i medici di famiglia lasciati 'disarmati' davanti alla pandemia

La sala operatoria del pronto soccorso dell'ospedale Niguarda, Milano (Ansa)

La sala operatoria del pronto soccorso dell'ospedale Niguarda, Milano (Ansa)

Roma, 30 maggio 2020 - Impoverimento progressivo delle strutture di assistenza diffuse sul territorio e novemila medici emigrati all'estero in soli 8 anni in cerca di uno stipendio adeguato (anche se spesso temporaneo). La Corte dei Conti certifica nel proprio report i punti deboli della Sanità italiana, e spiega come queste vulnerabilità siano emerse in tutta la loro drammaticità durante la crisi causata del Covid-19, "facendo ritardare" la reazione al virus e "lasciando senza protezioni adeguate" la popolazione. Una spiegazione, forse parziale ma basata su numeri concreti, del pesantissimo impatto che questa pandemia ha avuto sul nostro Paese.

Privilegiati i grandi ospedali

Il primo problema, infatti, è la concentrazione delle cure nei grandi ospedali, a seguito del taglio delle strutture di assistenza minori ma diffuse sul territorio. Una scelta dovuta a ragioni economiche (risparmi) e sanitarie (se troppo piccole e male attrezzate, questi centri possono non avere livelli di cura adeguati, ricorda la Corte), ma che ha mostrato i suoi limiti di fronte alla pandemia. "La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate - sottolineano i magistrati contabili -. Se, fino ad ora, tali carenze si erano scaricate non senza problemi sulle famiglie, contando sulle risorse economiche private e su un'assistenza spesso basata su manodopera con bassa qualificazione sociosanitaria (come le badanti), esse hanno finito per rappresentare una debolezza anche dal punto di vista della difesa complessiva del sistema quando si è presentata una sfida nuova e sconosciuta".

Medici di famiglia lasciati "disarmati"

A giudizio della Corte, è infatti "sempre più evidente che una adeguata rete di assistenza sul territorio non è solo una questione di civiltà a fronte delle difficoltà del singolo e delle persone con disabilità e cronicità, ma rappresenta l'unico strumento di difesa per contenere con rapidità fenomeni come quello del Covid-19". Insomma, "l'insufficienza delle risorse destinate al territorio - scrivono i magistrati contabili - ha reso più tardiva la reazione e ha fatto trovare disarmato il primo fronte (compresi gli ambulatori di medicina generale, ndr) di fronte al dilagare della malattia, venendo esso stesso coinvolto nelle difficoltà della popolazione e pagando un prezzo in termini di vite molto alto". Un'attenzione a questi temi si è vista nell'ultima legge di bilancio, con la previsione di fondi per l'acquisto di attrezzature per gli ambulatori di medicina generale, "ma essa dovrà essere comunque implementata superata la crisi, così come risorse saranno necessarie per gli investimenti a rendere più efficienti le strutture sanitarie".

La grande fuga dei camici bianchi

L'altro vulnus emerso con la crisi Covid-19 riguarda la scarsità di personale, per cui il governo è dovuto correre ai ripari arruolando specializzandi e professionisti già in pensione. La Corte dei conti riporta i dati Ocse: negli ultimi 8 anni sono oltre 9mila i medici formati in Italia andati a lavorare all'estero in cerca di occupazione o di una retribuzione più adeguata. E hanno scelto, soprattutto, Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia. Il fenomeno "pur deponendo a favore della qualità del sistema formativo nazionale, rischia di rendere le misure assunte per l'incremento delle specializzazioni poco efficaci, se non accompagnate da un sistema di incentivi che consenta di contrastare efficacemente le distorsioni".  Insomma, i nostri professionisti vanno retribuiti in modo più alto e soddisfacente. Basta davvero poco, insomma, perché si tratta sovente di trasferimenti non definitivi. "Questi medici – scrivono i magistrati contabili – che, per la stragrande maggioranza dei casi continuano a rimanere iscritti ad un Ordine italiano, chiedono certificazioni per effettuare prestazioni occasionali e saltuarie in uno Stato membro, come accade nel caso dei medici residenti in Regioni limitrofe al confine italiano. E in alcuni casi queste certificazioni sono utilizzate per seguire percorsi formativi all'estero, con l'intento di fare rientro in Italia".