"Noi, correttori automatici degli italiani. E ora ci ha chiamato il governo Usa"

Spaggiari (Expert.ai): dal primo vocabolario per Word all’intelligenza artificiale che legge e capisce i testi

Robot vs essere umano

Robot vs essere umano

Modena - Vendere software agli americani? Stefano Spaggiari, modenese, 55 anni, co-fondatore e presidente esecutivo di Expert.ai, per spiegarlo usa la gastronomia: "Immaginate che vengano qui loro – sorride – a convincerci di aver fatto dei tortellini migliori dei nostri...". È dura. Ma d’altronde l’approccio di quei tre giovani studenti di Informatica nei primi anni ‘90 (insieme a Spaggiari c’erano, e ci sono, Marco Varone e Paolo Lombardi) fu epico fin dall’inizio. Ai tempi l’informatica da consumo muoveva i primi passi e Word, il primo programma di videoscrittura, da qualche tempo sapeva anche correggere l’inglese. Da qui l’idea un po’ folle: insegniamogli l’italiano.

Spaggiari, davvero il vostro fu il primo correttore in italiano?

"Sì, ed è stato integrato a Word per almeno vent’anni. Ai miei interlocutori, per ridere, lo ricordo sempre: ma lo sai quanti strafalcioni ti ho corretto?".

Come convinceste Microsoft a comprarlo da voi?

"Intanto c’è da dire che solo dei ragazzi alle prime armi, dopo aver avuto un’idea e averla sviluppata in garage, hanno la follia di provare sul serio a venderla a un colosso mondiale".

Loro vi ricevettero, però.

"Il caso volle che, quando li contattammo, stessero per lanciare un bando per sviluppare il primo correttore in italiano. Ci lasciarono partecipare. Di fianco a noi avevamo nomi da paura".

E voi?

"Venivamo da un garage di Modena e lavoravamo su due turni. Dalle 9 alle 18 facevamo qualunque cosa portasse guadagni, dai software alla vendita di pc. Dalle 18 a mezzanotte lavoravamo al nostro correttore".

Un Davide contro molti Golia.

"Ma con un vantaggio: gli altri dovevano cominciare, noi al correttore avevamo immolato tutte le notti per due anni. Ce l’avevamo in tasca, in floppy disk".

Da poco lavorate anche per il governo americano.

"Il nostro sistema di Natural Language Understanding è in uso all’U.S. National Security Research Center del Los Alamos National Laboratory.

Che posto è?

"A Los Alamos è conservato un patrimonio di conoscenza enorme, derivato da 70 anni di ricerca sull’energia e sulle armi nucleari. Tutto questo patrimonio però, per essere fruttuoso, va reso disponibile ai ricercatori...".

E non bastava digitalizzarlo?

"Il materiale è già tutto digitale, la sfida di oggi non è più quella. Per essere utile, una banca dati così imponente deve essere letta, compresa, ricordata e messa a disposizione dei ricercatori. Un lavoro preliminare che durerebbe decenni. Il nostro sistema lo fa in pochi mesi".

Un computer che legge e capisce . Sembrava impossibile.

"Per anni si è puntato tutto sulla cosiddetta Machine learning, sistemi in grado di apprendere. Metodo perfetto per i numeri, che sono univoci. Ma come la mettiamo con le parole? Se dico tavolo, e spiego a una macchina cosa vuol dire, devo dirgli che può anche richiamare il mondo del lavoro, o il cibo, che esiste un ’tavolo di trattativa’, uno ’di crisi’ e mille altre cose".

Come fare?

"Come con i bambini. Ci vuole tempo, si comincia con una serie di informazioni, una grammatica, si insegna a lavorare per associazioni, finché il sistema non è in grado di farlo da solo".

E il correttore automatico, che fine ha fatto?

"A un certo punto è arrivato Internet, e abbiamo capito che il nostro sistema presto sarebbe diventato una semplice commodity, e che viceversa la condivisione globale di contenuti avrebbe aperto un problema enorme di quantità. Perciò ci siamo detti: ok, abbiamo insegnato la grammatica alle macchine, ora è il momento che imparino a comprendere il mondo".

Le macchine presto non avranno più bisogno degli uomini .

"Falso. Per quanto raffinata, l’intelligenza artificiale non potrà mai superare quella umana. A me piace invece pensare che con l’informatica si sia aperta una seconda rivoluzione industriale. Con la prima abbiamo affrancato l’uomo dai lavori fisicamente più usuranti. Con la seconda lo liberiamo da quelli concettualmente faticosi".

Faccia un esempio concreto.

"Lavoriamo molto anche per le assicurazioni. Pensi a cosa avviene se lei e io tamponiamo. Si genera una mole di documenti incredibile: polizze, Cid, relazione della polizia, cartelle cliniche, proprietà dei mezzi, situazione sanitaria pregressa. Quel faldone prima finiva sulla scrivania di un perito che doveva studiarselo tutto per poter fare il suo lavoro. Adesso il perito può fare il perito, a digerire tutti quei dati ci pensa il computer".

Come fa la Expert.ai da Modena a competere con la Silicon Valley?

"Ma davvero lei crede che i grandi gruppi sviluppino tutte le innovazioni al loro interno? O non si tratta, nella maggioranza dei casi, di idee nate all’esterno, in piccole realtà che però si occupano nello specifico di quel settore? Ecco: questo è il nostro settore".