Coronavirus, tutte le fasi di un vaccino. Cos'è il test in doppio cieco

Ecco i tempi tecnici necessari per arrivare alla profilassi. Il caso Astrazeneca: perché la sperimentazione è stata sospesa

Analisi di laboratorio, foto generica (ImagoE)

Analisi di laboratorio, foto generica (ImagoE)

Roma, 9 settembre 2020 - La notizia della battuta d'arresto nello sviluppo del vaccino Astrazeneca Oxford, decretata dopo aver riscontrato un effetto avverso indesiderato in un volontario (secondo il New York Times colpito da mielite trasversa), ripropone il tema delle cavie umane ovvero dei tempi tecnici necessari per realizzare un prodotto adeguato alla profilassi, in grado di essere al tempo stesso efficace e sicuro.

Un mese. Lo sviluppo del vaccino prende il via con l'individuazione del microrganismo che provoca la malattia e dallo studio delle modalità di diffusione (epidemia) quando questo entra nell'organismo umano, si replica e poi contagia altri individui. Si effettuano studi sperimentali in vitro, dopo aver isolato il virus o il batterio, mediante i quali è possibile arrivare a stabilire quale debba essere la composizione qualitativa quantitativa della risposta anticorpale da evocare. Nel caso del virus Sars-Cov-2 queste ricerche preliminari sono state effettuate nei mesi di febbraio e marzo.

Tre mesi. A seconda del tipo di vaccino che si intende realizzare, vengono prelevate alcune componenti, come la proteina spike che si aggancia alle cellule umane, si osserva il comportamento e il livello di tossicità, si valutano tolleranza, risposta immunitaria ed efficacia protettiva del vaccino da sviluppare. Nel caso del Covid-19, virus respiratorio a Rna, le prime formulazioni di vaccino sono state approntate nei mesi di aprile e maggio, grosso modo tre mesi dopo l'esplosione della pandemia. In questo lasso di tempo sono stati eseguiti test di fase I-II su modelli animali e in vitro per valutare il grado di sicurezza del vaccino sperimentale (primum non nocere, per prima cosa deve essere innocuo) e il tipo di risposta anticorpale in grado di proteggere l'organismo da una aggressione esterna da parte del virus.

Sei mesi. Cruciale banco di prova nella corsa al vaccino è il test sull'uomo, su un numero limitato di volontari. Impossibile effettuare una sperimentazione totalmente priva di rischi. Si valutano in questo caso la tollerabilità, la frequenza e gravità degli effetti collaterali, gli effetti tossici e la risposta immunitaria. La sperimentazione clinica parte da una decina di volontari per poi passare a centinaia e quindi migliaia, in modo di avere un riferimento sempre più ampio. Nel caso del Coronavirus i primi test del vaccino sull'uomo sono iniziati a distanza di sei mesi dalla comparsa del virus.

Un anno. La casa farmaceutica allarga progressivamente i test fino a reclutare migliaia di pazienti sani, mai entrati in contatto con il Coronavirus. I test in doppio cieco consistono nel dividere i volontari in due gruppi, uno dei quali riceve il vaccino, mentre l'altro riceve un placebo (acqua fresca).

I volontari sono ignari se appartengono al gruppo dei vaccinati con principio attivo o con placebo. Questa sperimentazione clinica consente di valutare statisticamente non solo l'assenza di effetti collaterali, ma anche il grado di protezione evocata.

In pratica si tratta di vedere quanti pazienti trattati con placebo si ammalano e quanti trattati con vaccino sperimentale respingono l'attacco del virus. A quel punto, se anche su migliaia di soggetti emerge chiara la validità del vaccino, l'azienda prepara un dossier sulla sperimentazione avvenuta e lo invia alle autorità regolatorie nazionali e internazionali: in Italia, a Roma, l’Aifa Agenzia italiana del farmaco, e in Europa, ad Amsterdam, l’EMA, Agenzia europea per i medicinali.

È di un anno, ovvero 12 mesi, l’attesa minima per l’uscita sul mercato del vaccino, ma a volte si arriva anche a dieci quindici anni. Le autorità regolatorie, di fronte a dati eclatanti positivi, possono dichiarare il vaccino breakthrough therapy, procedura accelerata, un modo per bruciare le tappe e arrivare a rendere disponibile il farmaco quanto prima, quando questo mostra subito elevatissimi livelli di affidabilità, a fronte dell'evidente beneficio che ne consegue.

Il caso Astrazeneca

Può accadere, anzi il più delle volte accade il contrario, cioè si procede per stop and go, come si è visto con il vaccino Astrazeneca Oxford, in quanto viene sospesa la sperimentazione ogni volta che viene riscontrata una reazione anomala, in questo caso a carico di un volontario. Questo perché il vaccino sarà replicato in milioni di dosi, quindi anche un effetto collaterale apparentemente raro su un gruppo di volontari potrebbe, sui grandi numeri, assumere una consistenza rilevante. Occorre invece un grado di sicurezza assoluta.

Due anni. Occorrono minimo 24 mesi dall'inizio degli studi per arrivare alla produzione e distribuzione su larga scala di un vaccino collaudato, in maniera sempre più capillare nella popolazione. La sorveglianza vaccinale è continua, anche dopo l'autorizzazione delle autorità regolatorie, al fine di misurare anche effetti collaterali in percentuali minime. Nel caso del vaccino anti-Covid, operatori sanitari e popolazione over 65 sono le categorie che dovrebbero essere vaccinate per prime, l’Oms ha invitato le industrie a distribuire dosi in proporzione agli abitanti da proteggere evitando la formazione di cartelli, accaparramenti e trattamenti di favore.